Sarà sciopero a oltranza per i 200 lavoratori dei supermercati Fortè/Meridi, 65 punti vendita nel territorio siciliano, da quasi un anno senza stipendio: soltanto due settimane fa hanno ricevuto il 35% della mensilità di giugno e della quattordicesima. Una situazione insostenibile.

Dopo il fermo con presidio che si è tenuto sabato 13, ieri i sindacati hanno comunicato all’azienda e al Mise che lo sciopero proseguirà fino a quando non sarà fatta chiarezza sul pagamento degli arretrati e sul futuro dell’attività lavorativa.

Le difficoltà dell’azienda non sono recenti e precedono di gran lunga l’emergenza sanitaria. Negli ultimi anni l’organico è stato fortemente ridotto e dei 450 lavoratori impiegati in origine ne sono rimasti 280: nella rete ci sono punti vendita ridotti allo stremo, gestiti a fatica soltanto da due addetti. La Meridi era ormai sull’orlo del fallimento quando il 9 gennaio 2020 è stata posta in amministrazione straordinaria e i commissari che si sono succeduti nell’arco di questo anno hanno tentato di mantenere attiva la rete vendita, trovata a gennaio completamente priva di merce.

“In base alla normativa la Grande Distribuzione non rientra tra i settori prioritari, non è previsto quindi un sostegno economico - spiega Monja Caiolo, segretaria generale Filcams Sicilia – e anche se i commissari sono riusciti a rifornire i negozi il fatturato registrato non è sufficiente a coprire tutte le mensilità arretrate”.

Che non sono solo quelle accumulate da giugno 2020, perché ai lavoratori mancano altri sette mesi di stipendio, al momento congelati, precedenti il commissariamento, quando la gestione era ancora nelle mani della proprietà del gruppo.

L’unica speranza per la sopravvivenza della rete di supermercati e per il mantenimento dei posti di lavoro è la vendita dell’azienda: è attesa nei prossimi giorni la pubblicazione del bando per la cessione, che arriva dopo più di un anno dal commissariamento, “con autorizzazioni arrivate in ritardo e il comitato dei creditori istituito da poco”, aggiunge Caiolo.

I tempi della cessione sono stati oltremodo rallentati e i 200 addetti hanno continuato ad andare al lavoro, senza essere pagati.

“La protesta nasce non soltanto per rivendicare il diritto alle retribuzioni maturate e non ancora erogate ma soprattutto per chiedere la salvaguardia dell’attività commerciale e la tutela dei livelli occupazionali” tiene a sottolineare la segretaria della Filcams siciliana. “Il timore è che più si allungano i tempi, più questi negozi perdano attrattiva e che i possibili acquirenti possano trovarsi di fronte a una situazione talmente disastrosa da sentirsi autorizzati a chiedere deroghe al contratto nazionale di lavoro”.

Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs hanno chiesto un incontro urgente al Ministero dello Sviluppo Economico per individuare percorsi concreti per la salvezza dei 65 punti vendita e dei 200 posti di lavoro.