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In streaming su Collettiva il documentario di Alberto Castiglione sullo sfruttamento del lavoro e la campagna condotta dalla Cgil e dalla Flai per denunciare il fenomeno. Dopo la proiezione, la tavola rotonda con Maurizio Landini
Un film che racconta un viaggio. Un viaggio che ha illuminato i luoghi della sofferenza e dello sfruttamento, una iniziativa per far emergere dal disinteresse un fenomeno che incatena la Sicilia, ma che coinvolge tutto il Paese. L’Isola senza catene oggi è un film che racconta il viaggio che nelle settimane estive ha portato la Cgil siciliana insieme alla Flai a percorrere le strade e le piazze del territorio per incontrare i lavoratori e lavoratrici sfruttate, quelli dell’agricoltura e non solo, accendere riflettori e insieme rivendicare dignità. Un viaggio divenuto film: lo ha curato il regista Alberto Castiglione che, utilizzando le tecniche cinematografiche documenta in 30 minuti il disagio, la fatica, le condizioni di vita, le irregolarità, lo sfruttamento nei campi.
“La Sicilia, come purtroppo buona parte del Paese, non ha solo il problema del lavoro che manca, ma anche del lavoro che c’è ed è sfruttato, sottopagato e umiliato. Noi abbiamo lanciato questa campagna per provare a ridare dignità al lavoro in quei settori, a partire dall’agricoltura e dall’edilizia, dove questi fenomeni sono purtroppo generalizzati. Oggi in agricoltura una giornata di lavoro su tre è in nero o irregolare. Abbiamo fatto questa campagna andando nei luoghi della sofferenza per far avvertire ai lavoratori e alle lavoratrici la vicinanza della Cgil”. A parlare è Alfio Mannino, segretario generale della Cgil siciliana che racconta le ragioni che hanno spinto la confederazione, insieme alla Flai, a dare vita a questo viaggio. La scintilla è scoccata a seguito dell’omicidio di Adnan Siddique, assassinato da caporali pakistani. L'hanno ucciso perché aveva accompagnato alcuni suoi compagni di lavoro, suoi connazionali, a denunciare lo sfruttamento. “Subito dopo l’omicidio – racconta Tonino Russo, segretario generale della Flai regionale – siamo andati provincia di Caltanissetta, abbiamo incontrato tanti lavoratori pakistani, ci hanno raccontato di essere reclutati in nero da caporali appartenenti a una organizzazione criminale che li recluta e li porta nei campi. Ci siamo fatti loro portavoce a abbiamo denunciato”.
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Questo fenomeno, in realtà, non è certo nuovo. Era il 2016 quando a seguito della morte di una donna, Paola Clemente, nei campi pugliesi, venne approvata una “buona legge”: la 199 che ricalcava una richiesta proprio della Flai e della Cgil e per la quale si raccolsero migliaia di firme. Ma caporalato e sfruttamento non sono certo terminati. Anzi, dice ancora Russo: “Proprio rispetto allo sfruttamento del lavoro in questo anno è cambiato ben poco: sottosalario, lavoro nero, lavoro grigio. Da noi è diffuso il fenomeno di persone che lavorano sei mesi e magari regolare ne risulta uno. In agricoltura c’è questa grande flessibilità per cui le giornate vengono dichiarate ogni trimestre, e in questo modo molto spesso tra quanto lavorato e quanto dichiarato non c’è corrispondenza, è proprio questo che ha permesso e permette tanto lavoro grigio”.
La legge, dicevamo. Le norme sono indispensabili ma certo da sole non sono sufficienti a cambiare comportamenti e a modificare la gerarchia degli interessi. Il profitto, sempre maggiore, viene prima del rispetto della dignità del lavoro. E la cosa grave, sottolinea Mannino, “è che questo sfruttamento avviene nel disinteresse generale”. Certo, la parte repressiva della 199 funziona, le forze dell’ordine intervengono, spesso dietro segnalazione proprio della Cgil, ma non è sufficiente, il segretario della Flai ricorda: “Noi abbiamo chiesto con forza al governo della Regione siciliana che vengano istituite le reti territoriali del lavoro agricolo, che certifichino il fatto che un prodotto è stato coltivato e trasformato senza che i lavoratori siano stati sfruttati, e che invece siano stati tutelati dal punto di vista della sicurezza e della salute. E senza che sia stata inquinata la terra e l’ambiente a causa dell’utilizzo di prodotti chimici tossici. Io penso che vada fatto un patto con i consumatori, quando negli scaffali dei supermercati un prodotto è sottocosto bisogna chiedersi la ragione. Dietro quel costo basso, frutto di aste al doppio ribasso, c’è lo sfruttamento del lavoro, c’è lo sfruttamento dell’ambiente, c’è la bassa remunerazione dei produttori, c’è il fatto che si arricchisce solo la filiera della distribuzione e della commercializzazione”.
In realtà sarebbe proprio la norma del 2016 a prevederlo, ma in Sicilia solo in due territori sono partite sperimentazioni di questo tipo. Mannino ricorda: “Ciò che manca ed è mancato in questi anni è l’attivazione della rete del lavoro agricolo di qualità, l’Inps, e non solo in Sicilia, è stato elemento di difficoltà e ostacolo, solo nell’ultimo anno siamo riusciti ad attivare a Catania la rete del lavoro di qualità, e solo di recente si è avviato a Campobello di Mazzara, nel trapanese, una sinergia tra associazioni datoriali e sindacali e ufficio del lavoro una forma sperimentale di incrocio tra la domanda e offerta di lavoro con le liste di prenotazione. Ma queste sperimentazioni sono ancora sporadiche, lasciate alla buona volontà dei funzionari e non c’è una scelta strategica delle istituzioni. Il nostro auspicio, attraverso il lavoro che abbiamo messo in campo, è che questi segnali positiva possano diventare strutturali per tutto il territorio siciliano”.
Il film di Alberto Castiglione deve servire proprio a questo, a tenere accesi i riflettori, a raccontare dolore solitudine e sfruttamento, a spingere istituzioni e imprenditori agricoli seri a costruire un diverso sistema. che abbia al centro la dignità del lavoro.
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