Lombardia anno zero. Esplodono le vertenze in regione, in diversi settori e che coinvolgono centinaia di lavoratori. Negli ultimi giorni sono almeno cinque le situazioni che preoccupano il sindacato. L'ultima si è aggiunta ieri, quando i vertici della Sematic di Osio, provincia di Bergamo, hanno annunciato la chiusura a fine marzo. 200 le persone che perderebbero il posto. In un territorio in cui il covid torna a colorare di rosso e di paura alcuni comuni dove riprende l’incubo dei contagi e delle chiusure, a partire dalle scuole.

Nell’ultimo periodo ha fatto scalpore la protesta alla Henkel, azienda chimica che produce detersivi, con sede a Lomazzo, nel comasco, dove 160 persone rischiano il posto perché la multinazionale tedesca ha deciso di chiudere il sito. Ci spostiamo di pochi chilometri, nella provincia di Lecco, a Bulciago, dove la Teva, multinazionale israeliana che ha acquisito la Sicor, azienda farmaceutica, vuole cancellare cinquant'anni di storia e lasciare i 109 dipendenti senza lavoro.

“Due multinazionali di significativa rilevanza – commenta la segretaria generale della Cgil Lombardia, Elena Lattuada – disegnano una croce sulla cartina geografica e quei siti non esistono più. Così si muovono queste multinazionali – è l’accusa della leader sindacale rispetto ai metodi e agli atteggiamenti di questi grandi gruppi internazionali.

“Assolutamente inaccettabile. Entrambe queste aziende producono utili, ne è una prova che la Sicor abbia chiuso il 2020, in piena pandemia, con 29 milioni di profitti. Parliamo di una società farmaceutica che produce peraltro farmaci anche contro l’alzhaimer e altre patologie gravi, farmaci importanti. Che ha deciso, da un giorno all’altro, che il sito ha dimensioni troppo modeste rispetto alle produzioni e quindi vuole riorganizzare la catena”.

Altro capitolo grave, quello che sta scrivendo la Henkel in queste ore. “Il gruppo – ci dice Elena Lattuada – ha dichiarato che ha bisogno di ridurre il numero di stabilimenti e quindi ne chiude uno storico a Lomazzo, il primo aperto in Italia. La Henkel rappresenta per Lomazzo quello che l’Ilva rappresenta per Taranto: è collocata dentro la città, vicino alla stazione, e impiega 160 persone, 90 dirette più l’indotto nei servizi di mensa e guardiania. Siamo alle solite, le solite multinazionali che decidono quando mettere lo stop, quando fermare. Magari, anche dopo aver preso risorse, finanziamenti da parte dello Stato italiano, decidono di abbandonare il nostro Paese. È evidente che entrambe le realtà si stanno mobilitando”.

Due crisi alle quali si è aggiunta, a sorpresa, la riapertura della vertenza Corneliani, altra storica azienda, questa volta del tessile, nel mantovano. Confermate in un incontro tra sindacati e vertici del gruppo le indiscrezioni di alcuni giornali locali che avevano scritto, in settimana, che l’imprenditore Marco Boglione, che si era fatto avanti come soggetto interessato, in realtà ha interesse ad acquisire solo il marchio e la catena di negozi, non lo stabilimento. “La Corneliani – ci dice la segretaria generale della Cgil Lombardia – è stata protagonista nei mesi scorsi di una lotta significativa e rilevante, da parte soprattutto delle operaie tessili. Stiamo parlando di un’azienda di alta gamma, del famoso made in Italy di cui tanto si dice, su cui vi è stato un interessamento significativo di forze e di impegno del governo a sostegno. Sulla scena si è affacciato un possibile compratore che però in questi ultimi giorni ha dichiarato di essere interessato esclusivamente alla catena distributiva e non alla produzione. Questo ovviamente metterebbe fine allo storico stabilimento di Mantova. Cosa assolutamente non accettabile. Il 3 marzo è previsto un nuovo incontro al Mise e da una parte si chiede che ci sia, come preventivato in precedenza nell’accordo quadro di riferimento, un impegno diretto da parte dello Stato, e dall’altra però anche la possibilità a questo punto di cercare sul mercato altri imprenditori interessati a mantenere sia la catena distributiva che lo stabilimento. Quindi anche sulla Corneliani il film non è finito”.

A chiudere questo drammatico poker di vertenze, quella del Gruppo L’Alco, che in Lombardia gestisce 44 negozi a marchio Despar, Eurospar, Interspar e Cash&Carry Alta Sfera. I suoi dipendenti, proprio oggi, scioperano per l’intera giornata, chiedendo salario e rispetto. Anche qui sono centinaia i posti a rischio.

“Tutto questo succede in una terra in cui, se guardiamo e rapportiamo i dati occupazione – disoccupazione – volumi produttivi e li confrontiamo rispetto ad altre parti d’Italia, scopriamo di essere in una sorta di leggero vantaggio. Certamente – afferma Elena Lattuada – rispetto ai mesi più bui del lockdown di un anno fa, la produzione è ripresa, ovviamente come sempre ci sono invece settori che non sono ripartiti, qui come altrove. Pensiamo a tutta la catena turismo, ristorazione, cultura, sport. È chiaro ed evidente che da una parte queste crisi, dall’altra l’avvicinarsi della fine del blocco dei licenziamenti, ci fanno dire a gran voce, come del resto Cgil, Cisl e Uil ad ogni livello stanno dicendo, che non può esistere la fine del blocco, che i lavoratori e le lavoratrici ovviamente sono sempre disponibili a lottare, ma bisogna anche costruire una opzione, una prospettiva, a partire da investimenti e ripresa dei livelli occupazionali. Anche perché la tanto necessaria riforma degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive sono utilizzabili nel momento in cui si creano posti di lavoro, altrimenti il rischio è di chiamarle così ma in realtà di continuare, come è successo in questi anni, ad alimentare politiche passive”.

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