L’Italia, Paese con un patrimonio di marmi e pietre diffuso in tutta la penisola, conta otto distretti principali del marmo e delle pietre. L’unica normativa nazionale in vigore è un regio decreto del 1927. Così le Regioni si sono mosse in ordine sparso, ma non tutte hanno affrontato il tema delle cave nella propria normativa in modo incisivo e molte non lo fanno da anni. “E anche nei casi in cui la legge regionale è stata aggiornata, cercando di affrontare le questioni delle percentuali di materiale da lavorare sul posto, come per esempio in Toscana e in Trentino – spiega Serena Morello del dipartimento lapidei di Fillea Cgil -, le difficoltà di applicarla e di farla recepire dal tessuto imprenditoriale è grande e le reticenze lo sono ancora di più. Le spinte a tornare indietro sono tante. In Trentino, per esempio, la presenza della malavita organizzata nel comparto richiederebbe di tutelare e rafforzare ancor di più il settore con regole e pratiche virtuose”. Per questo Fillea Cgil sollecita da tempo un confronto tra governo e sindacati per dare organicità alle normative locali e costruire una piattaforma per una legge quadro nazionale.

Trentino

Nel distretto del porfido in alcune cave non vengono rispettate le condizioni minime di igiene, anche per un’assenza di chi deve svolgere un ruolo ispettivo. Il lavoro a cottimo mette gli addetti in condizioni di stress e di ricatto con una perdita di attenzione verso i diritti essenziali come la tutela della salute. “Attualmente molte aziende sono in cassa integrazione per cause meteorologiche, neve e temperature troppo basse – afferma Morello -. Sono aperte le dispute con la Provincia sulla legge che con fatica aveva definito a partire dal 2021 la quota massima di grezzo da affidare a terzi per la lavorazione. La proposta di modificare la forbice e passare da 80 per cento di lavorato direttamente e 20 di esternalizzato, a 60 e 40 è stata fortemente contrastata dai nostri sul territorio poiché aprirebbe per le seconde lavorazioni spazi maggiori alla malavita radicata da tempo come emerso dall’Operazione Perfido”. 

Lombardia

In Lombardia il comparto si è ridotto molto negli ultimi anni. Nel distretto di Botticino (Brescia) parecchie aziende sono in cassa integrazione per mancanza di commesse e rallentamento dell’export. Il progetto di legge regionale è fermo nel cassetto a causa delle vicissitudini e ai cambi della giunta: prevedeva importanti modifiche alla normativa e voleva dare utili risposte ai temi del recupero delle aree dismesse, rimodulava i tempi delle concessioni e, in modo più coerente, gli ambiti regionali e comunali.

Veneto

Il distretto del Veneto che spicca soprattutto per la lavorazione di marmi e pietre che arrivano da tutto il mondo, emergendo anche per esperienze interessanti di innovazioni tecnologiche, soffre il calo di export fortemente aggravato dalla pandemia.

Toscana

“La Toscana, con i distretti del marmo di Lucca e Massa Carrara, rappresenta uno dei poli principali Italiani per grandezza – illustra Morello -, ma sta ugualmente soffrendo il blocco dell’export e la difficoltà di avere commesse sui lavorati e distorsioni del mercato a causa dei subappalti. Per ora molte aziende sono ricorse alla cassa Covid, ma c’è il timore che appena finiranno gli ammortizzatori il mercato con l’estero non riprenda. Nonostante ci siano molte aziende strutturate e sindacalizzate, qui gli incidenti sul lavoro sono frequenti”. La legge regionale ha consentito di vincolare le concessioni all’obbligo del 50 per cento di lavorazione del marmo in loco, ma sono state intentate anche cause legali contro questo provvedimento e non tutte le aziende si adeguano. Problemi si registrano anche per i fermi di lavorazione che lasciano a casa gli addetti senza ammortizzatori poiché spesso sono causate da cortocircuiti burocratici tra Regione e Comuni.

Lazio

Nel distretto del travertino di Tivoli e Guidonia (Roma) molte aziende sono in cassa integrazione a rotazione per consentire a tutti di lavorare. Un problema molto sentito è il ritombamento delle cave, che è stato cavalcato anche in modo strumentale dalle  amministrazioni locali per la destinazione finale delle aree che ha rischiato di paralizzare il settore. La legge regionale è vecchia, va riaggiornata e resa coerente con le declinazioni della normativa comunale che anche spesso crea dei cortocircuiti. Va inoltre definita una percentuale di lavorazione in loco da collegare alle concessioni. Attualmente le aziende che hanno anche i laboratori sono pochissime. La stessa attività di ritombamento offrirebbe importanti possibilità di nuovi posti di lavoro, ma manca ancora una volontà e un dialogo proficuo tra le parti. “Si è preferito far lavorare il travertino in Cina, dove costa meno, e ricomprarlo finito, formando anche direttamente il personale – dice Serena Morello, del dipartimento lapidei di Fillea Cgil -. Oggi siamo schiacciati da questa competizione sia del prodotto grezzo che finito, senza contare la concorrenza sleale delle aziende in subappalto, che contraggono i costi, non applicando il contratto nazionale di settore, concorrono a complicare la situazione”. 

Puglia

Anche il distretto pugliese, in particolar quello di Apricena nel foggiano, ha risentito della pandemia con un calo delle commesse, già diminuite negli ultimi anni, e ha fatto ricorso alla cassa integrazione. Qui una legge regionale sarebbe di grande importanza soprattutto per far emergere la tracciabilità dell’escavato e rendere trasparenti le operazioni di dismissione e di ritombamento.

 Sardegna

 Nel distretto di Orosei (Nuoro) la situazione è molto pesante sia per lo scarso rispetto delle norme contrattuali e che per la sicurezza sul lavoro: spesso mancano le condizioni minime, gli spogliatoi, i locali adeguati per la mensa, la cassa integrazione meteo per le alte temperature estive, le infrastrutture per il trasporto del materiale escavato. “Attualmente molte aziende sono in cassa integrazione – dice Morello - ma si registrano comportamenti anti sindacali e grandissime difficoltà a far rispettare le regole minime di rotazione tra i lavoratori”. Manca una legge regionale aggiornata, e i rapporti con i comuni e quelli tra imprese e amministrazione pubblica sono spesso complicati e poco lineari, cosa che tende a paralizzare il settore. Negli anni precedenti erano stati stanziati vari milioni di euro ma non se ne è saputo più nulla così come della proposta regionale dei “marmo bond”. Molti  laboratori sono chiusi e vengono venduti i blocchi grezzi all’estero (Cina e Iran), e anche sul grezzo si risente la concorrenza della Turchia.

Sicilia

Il distretto di Custonaci (Trapani) sta faticando a reggere alla crisi che da anni ha segnato l’economia del settore, tanto che molte aziende hanno chiuso. Per rilanciare il comparto, oltre alle iniziative da parte del governo regionale e del comune, sarebbero di estrema importanza soprattutto regole puntuali su concessioni, subappalti, utilizzo dei cascami e lavorazione in loco, fondamentali per creare posti di lavoro.