Una settimana di presidio continuo, dalle 6 del mattino alle 8 di sera, organizzato in turni perché non resti scoperto neanche un minuto. Al gazebo con le bandiere della Filcams Cgil, davanti alla Procemsa di Nichelino, si alternano i 34 ex dipendenti della Spefar, la ditta che si occupava del fondo linea della produzione di integratori dell’azienda farmaceutica, un contratto revocato bruscamente lunedì scorso.

“La revoca nasce da un contenzioso legale, con responsabilità pesanti da parte della Spefar – spiega Lorena Cardone, Filcams Torino – irregolarità che stavano recando un danno economico alla Procemsa. La Spefar aveva una monocommittenza, quindi l’interruzione si è tradotta in una sospensione immediata dell’attività lavorativa dei suoi dipendenti, per il 90% donne e in gran parte monoreddito”. 

Il presidio è stato organizzato davanti alla Procemsa perché è qui che i dipendenti della Spefar lavoravano, al fianco dei lavoratori dell’azienda committente: a separarli il contratto, Commercio per i lavoratori in appalto e chimico per i dipendenti diretti, e la disparità di garanzie.

“Abbiamo chiesto un’assunzione di responsabilità sotto il profilo occupazionale di queste 34 persone – prosegue Cardone – perché a fare le spese del conflitto tra le due aziende non siano lavoratrici e lavoratori”.

Alcuni di loro erano alla Spefar da tempo, come Veronica, assunta nel 2013. “L’azienda è cresciuta in questi anni – racconta – all’inizio eravamo poco più di una decina, poi il lavoro è aumentato e Procemsa ha chiesto di implementare l’organico. Abbiamo iniziato così a seguire i loro orari, fare i turni di notte, il ciclo continuo”. Lunedì scorso sembrava una giornata come tutte le altre, il primo turno ha lavorato come sempre. Un’ora dopo l’attacco del secondo turno, Veronica viene convocata e informata della sospensione repentina del lavoro. “Entro le 14 del giorno dopo dovevamo essere fuori di lì”. Dal presidio, solo un altro giorno dopo, i lavoratori allontanati hanno visto passare i loro sostituti, gli interinali chiamati dall’azienda per prendere il loro posto, “per fare una cosa che noi facevamo da anni, con velocità e competenza. Ci sembra paradossale – dice Veronica – non dovremmo rimetterci noi”.

Dall’azienda intanto nessuna replica, solo malcontento per il presidio ai cancelli. L’unico risultato al momento, uscito dal confronto che Filcams e Filctem hanno avuto la settimana scorsa con l’Unione Industriali, è la data dell’incontro con Procemsa, in calendario per il 18 febbraio. In caso di esito negativo per le lavoratrici e i lavoratori sospesi si prospettano gli ammortizzatori fino al 31 marzo e “dal primo aprile rischieranno di trovarsi senza un posto di lavoro, qualcuno anche senza la possibilità di utilizzare la Naspi – spiega ancora Lorena Cardone – perché si trovano in condizioni di estrema fragilità dal punto di vista contributivo e contrattuale”.

Se il 18 l’azienda confermerà la sua chiusura la Filcams si vedrà costretta a “mettere in campo tutte le azioni necessarie, anche vertenziali” aggiunge Cardone. Si potrebbe arrivare a chiedere il riconoscimento della intermediazione di manodopera, perché i dipendenti della Spesar occupavano gli stessi locali e usavano gli stessi macchinari di quelli di Procemsa. “Sarebbe l’ultimo passo, che ci auguriamo di non essere costretti a fare”.