Lentezze, slittamenti, contraddizioni, in un garbuglio di norme che sembrano non parlare tra loro e che rischiano di contrapporre due platee di lavoratori che hanno bisogno della stessa, identica stabilità: il processo di internalizzazione del personale ex Lsu e appalti storici delle scuole (quelli che si occupano delle pulizie), iniziato il 1°marzo dello scorso anno, continua a incontrare difficoltà e, nonostante la previsione in legge di bilancio, il passaggio al contratto a tempo pieno per i lavoratori assunti part-time finisce per scontrarsi con il destino dei precari Ata. Preoccupazione anche per la nuova tranche di assunzioni che doveva partire a gennaio, posticipata di due mesi e non ancora formalizzata dalla pubblicazione del bando.

Una faccenda complessa, che Cgil, Flc e Filcams hanno deciso di riportare insieme all’attenzione del ministero con il presidio del 4 febbraio davanti alla sede del dicastero. “Un’iniziativa importante, che ha lo scopo di riaccendere i riflettori sull’internalizzazione degli ex Lsu e appalti storici delle scuole, per trovare una risoluzione definitiva per tutte le persone interessate – dichiara Tania Scacchetti, segretaria nazionale Cgil – rafforzando al contempo gli organici Ata, specie in un frangente così delicato per il sistema scolastico”.

Confederazione e categorie coinvolte sollecitano il Governo “a portare a termine l’operazione di internalizzazione a tempo pieno per tutto il personale ex Lsu, nonché a garantire l’ampliamento dell’organico oltre le disponibilità attualmente previste, per non bloccare le future immissioni in ruolo, la mobilità e le aspettative per le supplenze dei precari collaboratori scolastici in attesa da anni in graduatoria supplenti”.

Stiamo chiedendo di aumentare i posti Ata di 2.000 unità, perché i posti da convertire da part-time a tempo pieno sono 4.000. Quindi sono necessari 2.000 posti in più – spiega Anna Maria Santoro, della Flc Cgil nazionale – altrimenti verranno licenziati i precari della scuola che stanno lì da tanti anni. Condividiamo l’operazione di internalizzazione e stabilizzazione di questi lavoratori e vogliamo che abbiano parità di trattamento rispetto ai colleghi della scuola, però questo non può avvenire a danno di altri lavoratori né a danno del servizio scolastico.”.

La soluzione ventilata dal ministero si basa sul principio della compensazione e mira a trasferire i posti disponibili da una provincia all’altra. “Ma questo non va bene. Prenderli da altre province significa sottrarre posti in un momento in cui ci vorrebbe più organico, non meno, per garantire scuole igienizzate e sicure”, sottolinea la sindacalista. L’unica soluzione praticabile, ribadisce la Flc, è aumentare i posti nelle province dove ce ne è bisogno, non toglierli alle altre: la parola d’ordine è “investire nella scuola”.

C’è poi la questione dei tempi. La seconda fase di assunzioni per 1.593 posti, rivolta al personale ex Lsu appalti storici in possesso del requisito dei cinque anni di anzianità – introdotto modificando l’iniziale richiesta di dieci anni di anzianità per accedere alla graduatoria che ha regolato la prima tranche di assunzioni - è stata posticipata e l’avvio della procedura appare ancora incerto. Un ritardo che ricade di conseguenza su l’ulteriore fase di assunzioni, richiesta dalla Cgil e recepita dall’ultima legge di bilancio, dedicata ai lavoratori sempre con cinque anni di servizio, ma collocati in province senza posti disponibili.

“Avevamo lottato per una seconda fase assunzionale prevista dalla legge – racconta Cinzia Bernardini, segretaria nazionale Filcams -. Queste persone sarebbero dovute entrare il 1° gennaio 2021, ma il Milleproroghe ha spostato questa procedura al 1° marzo e ad oggi non c’è ancora il bando pubblicato. Chiediamo che non si allunghino più i tempi, anche perché questi lavoratori sono collocati in ammortizzatore sociale dal 1° marzo dell’anno passato, quindi in una situazione di sostenibilità economica drammatica”.

Da parte della Filcams c’è poi un’ulteriore richiesta al Governo, aggiunge Cinzia Bernardini: “Che venga trovata una soluzione definitiva anche per quei lavoratori che, non avendo i requisiti previsti, saranno esclusi da tutte le procedure di internalizzazione. Sono quasi 2.000 addetti, 2.000 persone che avevano un lavoro e adesso non lo hanno più”.