Ferroviere, comunista, antifascista, volontario di Spagna e capo partigiano, primo segretario della Camera del lavoro di Milano dopo la Liberazione, presidente del Movimento lavoratori per il socialismo. È difficile racchiudere Giuseppe “Cristallo” Alberganti in una definizione perentoria. Uomo del suo tempo, sempre dalla parte dei più deboli, fu autore di scelte rischiose e dissidenti, che lo resero “scomodo” ma coerente con il suo percorso evolutivo e ideale.

Figlio di due famiglie - gli Alberganti e i Ravazzoli - di tradizione socialista e odiate, per loro stessa ammissione, dai ricchi e amate dai poveri, Alberganti visse la prima infanzia a Stradella tra i Circoli socialisti e gli insegnamenti di Maria Giudice.

Trasferitosi a Milano, appena dodicenne, trovò impiego come operaio metalmeccanico, e subito si fece notare quale attivista sindacale tanto che il suo primo comizio tenuto a soli 14 anni, coincise puntualmente con il primo licenziamento per rappresaglia politica. Altri ne seguirono compreso quello da macchinista ferroviere, avvenuto nel 1923 a seguito alla proclamazione di uno “sciopero legalitario” a oltranza contro il fascismo.

Ebbe così inizio il lungo impegno di Peppino Alberganti a favore dell’emancipazione dei lavoratori e per la libertà.

Nell’autobiografia, che si presenta oggi (5 novembre), Alberganti racconta soggettivamente snodi fondamentali della storia d’Italia: si inserisce nello scontro tra riformisti e rivoluzionari, testimonia lo spontaneismo che caratterizzò l'occupazione delle fabbriche durante il cosiddetto biennio rosso, racconta il punto di vista del sindacato ferrovieri negli scioperi degli anni Venti, ci fornisce un quadro vivido degli avvenimenti che portarono all’ascesa incontrastata del fascismo. Parteggia apertamente per coloro che volevano difendere, anche con la forza se necessario, l'indipendenza e la libertà dei lavoratori e attacca vigorosamente il gruppo dirigente sindacale riformista e i leader socialisti per non essersi assunti una responsabilità politica e aver così tradito “le masse”. Si schiera e scrive per ridare vigore a quella storia, che è non solamente la sua storia ma quella di una parte della classe lavoratrice italiana.

Personalità forte e instancabile diresse la Camera del lavoro di Milano all’indomani della Liberazione, occupando il palazzo di Porta Vittoria dell’allora Sindacato fascista dell’industria e annunciando a Radio Milano la ripresa del sindacato libero e unitario dopo “oltre vent'anni di sindacalismo fascista di soppressione delle libertà sindacali … grazie all’eroismo dei lavoratori” (7 giugno 1945, Archivio del Lavoro, Fondo Alberganti, F.1).

Con la stessa forza e determinatezza assunse trent’anni più tardi la presidenza del Movimento lavoratori per il socialismo, diventando per migliaia di giovani un punto di riferimento e una guida. Proprio quei giovani, oggi cresciuti, hanno dato vita nei mesi scorsi al Comitato per l’iscrizione al Famedio di Peppino Alberganti e sono tra i promotori della riedizioni di Autobiografia di un Sovversivo.

Unico rammarico, per chi legge, è che il racconto si interrompa nel 1923, proprio nel momento in cui tutto comincia: l’antifascismo, l’emigrazione clandestina, la partecipazione volontaria alla guerra di Spagna, la lotta partigiana, la guida della più grande Camera del Lavoro d’Europa (1946-1947), l’esperienza del Parlamento e infine l’abbandono del suo partito d’origine - quello a cui aveva dedicato la sua esistenza - e l’adesione al Mls (1975). Ma per questo esistono i documenti d’archivio.

* Debora Migliucci è la responsabile dell'Archivio del lavoro di Milano

Sarà possibile seguire la diretta streaming della  presentazione dell' "Autobiografia di un sovversivo" a partire dalle 16.00 del 5 novembre su Collettiva.it e sulla pagina facebook Filt Cgil Milano e Lombardia