Bus affollati, file ai tornelli della metro, pendolari stretti sui treni regionali. Le immagini del trasporto pubblico ricorrenti nelle ultime settimane stridono con i dati degli effetti economici subiti dal settore a seguito dell'emergenza sanitaria. Stando all'Istat, negli ultimi mesi il fatturato è calato del 30%. Un riflesso chiaro della riduzione dell'utenza, dovuta non solo al blocco della mobilità nella fase più acuta della pandemia, ma anche alla percezione di insicurezza diffusa nei periodi in cui il virus ha continuato a circolare, seppure a ritmo più lento. Le contrazioni maggiori si registrano nell’utilizzo di pullman (-50%) e treni regionali (-29%), ma anche sulle tratte urbane di bus (-7%) e metro (-6%).

"Il rischio dell'abbandono del servizio pubblico va assolutamente scongiurato, perché avrebbe ripercussioni negative sia sul piano ambientale, sia sul piano sindacale”. A sottolinearlo è Natale Di Cola, segretario Cgil di Roma e del Lazio. Se non si potenzieranno le linee e le infrastrutture, chi può continuerà a spostarsi con un mezzo privato, come auto o moto. Il risultato? Un traffico ancora più congestionato e un aumento di emissioni nocive, di cui il trasporto su gomma è il principale responsabile. Ma a pagare il costo più alto sarebbero lavoratrici e lavoratori che ogni giorno giungono nella Capitale da nord (Orte, Viterbo) e da sud (Cassino, Gaeta, Latina). Tra tutte le carenze infrastrutturali accusate dal territorio laziale, infatti, quelle legate alla mobilità dei pendolari assumono tratti drammatici", continua Di Cola.

In questo quadro, la crisi da Covid-19 è un'opportunità per “smuovere tre leve fondamentali. Accelerare la transizione ecologica dei mezzi di trasporto (liberandosi di quelli più obsoleti, dunque più inquinanti), ma anche ripensare alcuni aspetti di cui la mobilità è cardine: i tempi di vita e di lavoro, nonché l'organizzazione delle attività produttive della città”.

Linee valide per tutto il territorio nazionale, ma che per Roma e per il Lazio assumono un ruolo strategico particolare. La città e la regione, infatti, scontano problemi pregressi che l'emergenza sanitaria ha reso più visibili. Due tra tutti, “il ritardo nelle infrastrutture legate alla mobilità e la mancanza di investimenti adeguati nella rete di superficie”. A denunciarlo è il segretario generale della Filt Roma e Lazio Eugenio Stanziale che sul problema del trasporto pubblico locale ha le idee chiare: nella Capitale “negli ultimi 20 anni si è commesso l'errore di separare urbanistica e mobilità. L'area metropolitana ha seguito uno sviluppo tutto suo, senza che ci fosse una rete di trasporti adeguata”.

Un esempio concreto? Le linee della metro che si intersecano in pochissimi punti e sono concentrate nel cuore della città (a eccezione della C che non si sa né come né quando sarà ultimata) “vanno incontro a esigenze turistiche, ma lasciano scoperte molte zone periferiche”. Sono queste ultime a subire di più le carenze infrastrutturali, avverte Stanziale. Un aspetto denso di ripercussioni sociali, dato che è proprio nelle periferie che si concentra la maggior parte di persone per cui il trasporto pubblico – più economico – non è un'opzione tra tante, ma l'unica possibile.

Per la Filt urge dunque realizzare nuove stazioni per incrementare l'utilizzo del trasporto suburbano; chiudere l'anello ferroviario; acquistare nuovi treni per la metro, prolungare le linee a/b/c e costruire la linea d; acquistare treni e raddoppiare le tratte anche per i collegamenti con i territori regionali da cui proviene larga parte della forza-lavoro della Capitale. Innovazioni tecniche che richiedono anche una trasformazione a livello di governance.

Per entrambi i sindacalisti le due misure più impellenti sono una programmazione unica del trasporto pubblico locale basata su flussi d'informazione istantanei e una tariffazione integrata per rendere equi e omogenei i costi degli spostamenti sul territorio. Provvedimenti che porterebbero, di concerto, all'istituzione di una sola società pubblica che comprenda Atac, Contral e Ferrovie. Aziende che a oggi sembrano viaggiare ognuna per conto proprio.