“I problemi sono iniziati quando sono rimasta incinta. Il mio datore di lavoro mi ha detto di esserci rimasto male, perché nell'altro ristorante di sua proprietà una dipendente ha continuato a prestare servizio fino al settimo mese. Ma la mia era una gravidanza a rischio, il medico me l'ha diagnosticata fin da subito. Per non perdere il bambino, sarei dovuta rimanere a letto per tutti e nove i mesi. E così ho fatto. Mi alzavo solo per andare in bagno o sottopormi alle visite specialistiche”.

A parlare è Veronica Avegnano, 29 anni, da quattro dipendente in un ristorante di corso Sempione, a Milano. “Prima del Covid il locale arrivava a ospitare una quarantina di persone, settanta nei mesi estivi. Corso Sempione d'inverno non è un luogo di passaggio, ma attorno ci sono diversi uffici, quindi abbiamo sempre lavorato tanto”. Veronica lavorava 52 ore a settimana, proprio come i suoi colleghi uomini.

E proprio come loro svolgeva diverse mansioni: servizio in cassa alle sette del mattino, poi per pranzo si spostava al banco o in sala. Però i suoi colleghi guadagnavano dai 1.400 euro in su, mentre lei solo 1.080. “Ho chiesto spiegazioni tante volte, mi veniva risposto: 'Qui funziona così, se non ti sta bene puoi andartene'. Ma avevo un contratto a tempo indeterminato che mi dava più garanzie, quindi sono rimasta”.

Con la gravidanza a rischio, Veronica chiede il congedo di maternità: avrebbe diritto a un'indennità di 700 euro al mese. “Non sono molti soldi, ma possono fare la differenza. Un bambino piccolo ha bisogno di latte, pannolini, vestiti da cambiare nel giro di pochi mesi”. A fronte delle ripetute richieste, il suo datore di lavoro si è reso irreperibile. “Ha smesso di rispondermi al telefono e mi ha bloccata su Whatsapp”. In sua vece, sua sorella e il suo consulente hanno fatto sapere a Veronica delle difficoltà economiche dovute alla crisi da Covid-19: il ristorante avrebbe problemi di liquidità.

In effetti, il settore della ristorazione è stato (e sarà) duramente colpito, ma “i miei dieci colleghi rimasti in servizio vengono regolarmente retribuiti. Tra l'altro, se davvero non potessero corrispondermi la cifra dovuta, basterebbe che inviassero un modulo all'Inps. È un'opzione che il proprietario conosce bene”, perché la Filcams Cgil di Milano, intervenuta nella vertenza, lo ha informato mesi fa. Ma da corso Sempione Veronica finora ha ricevuto solo discriminazioni.