"Mi sentivo appartenere a quella palazzina, per me era un vanto". A parlare è Maria Teresa Arisio e la palazzina è la sede della Fiat a Torino, il luogo in cui lavoravano gli impiegati. La donna è protagonista di Signorina Fiat, il documentario diretto nel 2001 da Giovanna Boursier e oggi più che mai attuale. È la storia di un'impiegata alla Fiat di Torino per 33 anni, dal 1961 al 1994, che diventa il simbolo di un'epoca, una lotta e una fabbrica che non c'è più.

Ma andiamo con ordine. Maria Teresa, figlia di un operaio Fiat, ricorda lo stabilimento del Lingotto fin da bambina: lì si recava per fare sport o andare al cinema la domenica, fu perfino allattata dentro l'azienda come previsto all'epoca per le giovani mamme. Era una fabbrica a misura d'uomo, come si dice, sulla scia della storica utopia di Olivetti. Ecco che per Maria Teresa, dopo l'infanzia e adolescenza già in quei locali, l'assunzione in Fiat è la soluzione naturale: ne entra a far parte ufficialmente il 7 luglio 1961 come impiegata.

La rievocazione dell'ambiente, in quegli anni, dipinge una scena quasi "mitologica": per i 25 anni di servizio veniva regalato un doppio stipendio, racconta la donna, c'era una festa in cui si assegnava un distintivo, che poi la persona indossava normalmente sul posto di lavoro. Insomma un profondo senso di partecipazione e di orgoglio. Nella ricostruzione che si srotola nel corso dei decenni prima si parla di lavoratori tutti italiani, poi inizia l'arrivo dei primi migranti e gradualmente si forma un melting pot all'interno delle fabbriche.

C'è però un'ombra che si affaccia nel racconto di Arisio: la divisione tra impiegati e operai. "Io ero impiegata e gli operai praticamente non li conoscevo - dice -. Solo nei momenti di contestazione e sciopero loro si facevano sentire da noi, ed erano istanti di incontro e scontro". Ecco quindi un esempio di contrasto di classe dentro lo stesso posto di lavoro: "Dalla prospettiva degli uffici per me la protesta era una violenza, non la capivo". C'è anche l'impossibilità di comprendersi tra i motivi che portano alla marcia dei quarantamila: la manifestazione di quadri e impiegati del 14 ottobre 1980, che decreta la fine della lotta dei 35 giorni e l'inizio della cassa integrazione per 23 mila operai. Nel frattempo gli impiegati tornano al lavoro.

Maria Teresa Arisio riflette sulla dinamica col senno di poi: soprattutto quando, anni dopo, il licenziamento arriva anche per lei. La Fiat decide di privarsi di tremila impiegati da un giorno all'altro, lasciandoli senza terreno sotto ai piedi: "A quel punto ho ripensato agli operai - confessa -. Ho rivisto tutte le loro lotte per il rinnovo del contratto che poi, paradossalmente, portavano più aumenti e vantaggi proprio a noi che non facevamo sciopero".

Il film di Giovanna Boursier nell'arco di trenta minuti spacca il capello di un'epoca, rivela il suo tormento, le sue contraddizioni. Lo fa attraverso la storia di un singolo personaggio che si guarda indietro e diventa simbolo: la testimonianza di un passato, certo, ma anche un messaggio per il presente. Perché la spaccatura tra chi fa lo stesso lavoro, seppure a diversi livelli, non si ripeta: fa bene solo ai "padroni" e chi non si oppone oggi verrà licenziato domani. Ricorda il famoso aforisma di Brecht sulla mancata difesa dell'altro, del diverso da noi che stentiamo a capire e condividere. Teniamone conto al tempo del lavoro frammentato. Signorina Fiat si può vedere qui.