Braccia incrociate. È stato questo il verdetto immediato dell’assemblea dei lavoratori svoltasi in mattinata alla Sematic di Osio Sotto, provincia di Bergamo, che da 5 anni fa capo alla multinazionale tedesca Wittur. Lo storico stabilimento di componenti per ascensori, porte e cabine, che dà lavoro a centinaia di persone sul territorio, sta per subire una delocalizzazione in Ungheria che riguarderà il 70 per cento della produzione e che è stata confermata nell’audizione in Regione. L’annuncio da parte dei vertici, il 3 settembre scorso, ha creato un terremoto tra gli operai, pronti a lottare per difendere il posto di lavoro.

“L’obiettivo del gruppo – ci spiega Claudio Ravasio, della segreteria della Fiom Cgil della provincia – è quello di abbattere i costi di produzione per abbassare i prezzi, essere più competitivi sul mercato e aumentare i guadagni. La decisione è già presa, con decorrenza immediata, nel senso che quei prodotti sono stati già dirottati in Ungheria e qui sono rimaste solo le commesse ancora in essere. Ma anche quel 30 per cento di lavoro che rimarrebbe, in uno stabilimento così grande, risulterebbe presto antieconomico e avrebbe vita breve”.

Il clima tra le maestranze è di rabbia e delusione. “Molti sono qui da una vita”.

Cosa succederà adesso? “Valuteremo future iniziative. Fino a fine anno l’azienda non può licenziare, per via del blocco, e, per i tempi tecnici, fino a metà marzo comunque non ci sarebbero esuberi. Aspettiamo una convocazione dal ministero dello Sviluppo Economico e confidiamo nell’interesse e nella solidarietà di tutti gli esponenti politici locali e dei parlamentari bergamaschi che si stanno attivando”.

Quanto pesa questa vertenza? “Pesa tantissimo – ammette Claudio Ravasio –. Mettere a rischio 200 posti di lavoro, in una fase in cui il lavoro non si trova da nessuna parte per via della crisi legata al covid, è il preludio di quello che temiamo a gennaio, quando il blocco dei licenziamenti finirà e tante altre aziende colpiranno duro. Questa vertenza si inserisce in un contesto di crisi diffusa in cui i segnali sociali ed economici sono drammatici”.