Un azienda che va bene, la Saes Gettes, due sedi una a Lainate l’altra ad Avezzano, produce semiconduttori di alta tecnologia soprattutto per telefonia e Tlc. È quotata in borsa non ha problemi di fatturato e nel tempo si è contraddistinta ben “buone” relazioni sindacali. A testimoniarlo il recente accordo per lo smart working siglato a seguito dell’emergenza sanitaria. Quanto è successo, allora, appare davvero difficile da comprendere e da accettare.

Un giovane lavoratore del settore ricerca con un ruolo strategico e grande autonomia, padre di due figli, da otto anni dipendente della Saes senza che gli sia stato mosso mai alcun richiamo, è stato licenziato in tronco per non aver sanificato gli strumenti a fine turno pensando di riprendere ad utilizzarli la mattina dopo. Una giornata intensa con una procedura avviata alle 11 del mattino e portata avanti per molto ore nonostante il lavoratore cominciasse a non sentirsi bene. Sperando di terminare il procedimento si era trattenuto in laboratorio per oltre un’ora oltre il termine del suo turno. Va a casa convinto di terminare la procedura il mattino seguente. Così non è stato perché il malessere si è tramutato in malattia (non Covid). Il lavoratore ha avvisato il suo diretto responsabile della indisposizione, ha dato indicazione su quale collega avrebbe potuto portare a termine la procedura ed ha avvisato di non aver sanificato l’attrezzatura. Tutto a posto, quindi? Neanche per sogno. Al rientro dalle ferie il lavoratore ha trovato una lettera di richiamo con la contestazione e richiamo. Si rivolge al sindacato, la Fiom Cgil, e insieme alla Rsu va a  un incontro per spiegare e giustificarsi. Risultato? Licenziamento in tronco.

“Inspiegabile e immotivato il comportamento della Sae” ci dicono Giuseppe Martino, Rsu e Mauro Fioraso della Fiom di Milano, “Il comportamento contestato al lavoratore di solito si risolve con un incontro di chiarimento. iI licenziamento in tronco è davvero è davvero incomprensibile  e inaccettabile”. Inaccettabile, appunto, per questo i colleghi di sede, quella di Lainate, ieri (3 settembre) hanno reagito fermando la produzione. Proclamato lo sciopero sono scesi – ben distanziati e con le mascherine – di fronte all’azienda, hanno voluto farsi vedere e solidarizzare con il collega chiedendo il reintegro.

“La reazione immediata dei lavoratori – afferma ancora il dirigente della Fiom meneghina – che in una fase complicata come quella che  stiamo vivendo hanno comunque scelto di scioperare chiedendo all’Azienda il ritiro del provvedimento, avvalora l’inconsistenza delle ragioni del gruppo dirigente di Saes”. E la solidarietà non si ferma. Dice ancora Mauro Fioraso: “Nei prossimi giorni con le lavoratrici e i lavoratori decideremo come proseguire la mobilitazione e, comunque, ci riserviamo di intraprendere le azioni legali per contrastare l’ingiusto licenziamento”.