Come da protocollo ministeriale l’apertura della scuola pubblica è prevista per il 14 di settembre, ma in realtà il rientro nelle classi avverrà ancor prima, dal primo giorno del prossimo mese, nel tentativo di riprendere parte del percorso didattico compresso durante il periodo di lockdown.

Restano dunque meno di due settimane per i provvedimenti in grado di garantire il più possibile una scuola in presenza e sicurezza sanitaria, non solo per gli studenti che torneranno a frequentare gli istituti, ma anche per chi ci lavora dentro. E con il passar delle ore, le indicazioni che arrivano dal ministero dell’Istruzione si susseguono sempre più confuse, oltre che tardive. A ribadirlo il segretario generale della Flc Cgil Francesco Sinopoli: “I problemi cui ci troviamo di fronte li denunciamo da tre mesi, e credo che un decreto legge ad hoc, come era stato chiesto, avrebbe avuto un fondamento per l’incremento delle risorse, e per fare scelte importanti. Ora scontiamo ritardi oggettivi – aggiunge Sinopoli – e ci aspettiamo che il Cts (Comitato tecnico scientifico) ci convochi per un confronto, come prevede il protocollo firmato, per trovare soluzioni condivise”.

Lavoratori a scuola
Tra i nodi da sciogliere, quello forse più urgente riguarda il personale scolastico, dal corpo docente al personale Ata sino ai lavoratori delle mense, ragionando su numeri che devono tenere conto delle nuove disposizioni da attuare e delle esigenze che dopo la riapertura dovranno essere affrontate di giorno in giorno, in base alle peculiarità di ciascuno tra i circa 50.000 istituti attivi sul territorio italiano.

Per maestri e insegnanti le cifre parlano chiaro: gli 84.000 nuovi assunti annunciati dal ministro Azzolina non sono comunque sufficienti a coprire l’eventuale divisione a metà delle classi, che dunque automaticamente raddoppierebbero, richiedendo così una presenza superiore di oltre il doppio, attorno alle 200.000 unità. In pratica, lo stesso numero dei posti attualmente vacanti, senza contare che molte delle graduatorie a esaurimento al momento risultano sguarnite, rendendo così piuttosto complicata la ricerca di docenti da assumere. Vale la pena ricordare che la proposta alternativa, avanzata dal sindacato, proponeva un concorso straordinario per i precari “storici”, che hanno maturato anni di esperienza quotidiana, con assunzioni a settembre e prove d’immissione al termine dell’anno scolastico: un po’ come avviene per i vincitori di concorso al loro primo anno di insegnamento, portato avanti insieme a un tutor appartenente alla stessa scuola, con verifica conclusiva a giugno davanti a una commissione interna.

Decreto Agosto
Cercando di recuperare il terreno perduto, il dl n.140 della scorsa settimana, il cosiddetto "Decreto Agosto”, introduce misure che prevedono, per consentire l’avvio e lo svolgimento dell’imminente anno scolastico, alcuni interventi sulle modalità del “lavoro agile” riguardante il personale scolastico e quello coinvolto nei servizi erogati dalle istituzioni scolastiche, cercando allo stesso tempo di provvedere alla sostituzione del personale scolastico sin dal primo giorno di assenza, per ovviare all’annoso problema delle chiamate in servizio ad anno iniziato, in attesa delle quali spesso il rimedio adottato nelle varie scuole è la divisione della classe “scoperta” in piccoli gruppi da distribuire in altre classi, soluzione oggi del tutto incompatibile con le indicazioni sanitarie da rispettare. Vengono così destinate risorse pari a 368 milioni di euro (per l’anno 2020) e 552 milioni di euro (per l’anno 2021), con l’obiettivo di “attivare  ulteriori incarichi temporanei di personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata) a tempo determinato dalla data di inizio delle lezioni o dalla presa di servizio fino al termine delle lezioni, non disponibili per le assegnazioni e le utilizzazioni di durata temporanea”. Un passaggio tutto da chiarire, come quello in cui si definisce la remunerazione delle prestazioni di lavoro straordinario rese nelle operazioni di avvio dell’anno scolastico (agosto-settembre), oltre l’incremento del Mof, il fondo per il miglioramento dell’offerta formativa, per retribuire lo svolgimento di prestazioni aggiuntive rese dal personale delle istituzioni scolastiche nei limiti predefiniti.

Dirigenti scolastici
Entra qui in gioco il ruolo dei dirigenti scolastici, come ripetutamente rilevato in queste ore dall’Anp, l’Associazione nazionale presidi, che in un comunicato stampa ha scomodato niente meno che il genio di William Shakespeare (“Molto rumore per nulla”), per rilevare come il recente pronunciamento del Cts, secondo cui il distanziamento di un metro in classe può anche non essere mantenuto se muniti di mascherina,  renda praticamente inutile il lavoro svolto in queste settimane nel tentativo di organizzare gli spazi a disposizione secondo le indicazioni precedentemente ricevute, tanto da spingere il presidente Antonello Giannelli alla provocazione, consigliando ai colleghi presidi di comunicare la “messa in ferie” proprio a ridosso dell’apertura, visto l’apparente inutilità del lavoro svolto sinora. Dopo una relativa marcia indietro dello stesso Giannelli (“La scuola è un sistema molto complesso, e richiede un’attenzione che probabilmente altri ambienti di lavoro non richiedono”), oltre questo resta da definire il confine delle responsabilità, in nome dell’autonomia scolastica, nel caso in cui dovrebbero verificarsi casi di contagio e relative conseguenze.  

Aule e banchi
La definizione del ruolo dei dirigenti scolastici introduce  il tema dell’edilizia scolastica, in particolare l’adeguamento delle strutture allo stato di emergenza. E qui il discorso, al di là delle indicazioni ministeriali, non può che essere distinto singolarmente, in base alla composizione di ciascun edificio, il numero degli studenti ospitati, gli spazi disponibili. Ciò significa che in attesa di comprendere quando saranno disponibili i nuovi banchi monoposto promessi dal dicastero per chi ne ha fatto richiesta (l’ultima dichiarazione del commissario Domenico Arcuri, alquanto sibillina, assicura che arriveranno “a partire dai primi giorni di settembre e fino al mese di ottobre”), le contingenze da affrontare varieranno caso per caso una volta iniziate le lezioni. Va da sé che molte delle difficoltà ordinarie potranno essere risolte soprattutto in virtù della disponibilità di chi lavora, e in collaborazione con studenti e famiglie come d’altronde, nella scuola pubblica italiana, in perenne “stato d’emergenza”, accade oramai da più di vent’anni.

Studenti e famiglie
Se dunque sarà decisivo l’impegno di dirigenti scolastici, corpo docente e personale Ata, non meno importante in questa fase d’avvio risulterà il supporto e la collaborazione che gli studenti, insieme alle loro famiglie, saranno in grado di mettere in campo. Un elemento che va ben oltre la misurazione della temperatura corporea prima di uscire di casa la mattina, ma che implica una partecipazione costante, un’attenzione diversa, un sostegno pratico e psicologico che accompagni i propri figli o nipoti, di concerto con i rappresentanti delle istituzioni scolastiche, verso un percorso che in ogni caso non potrà che rivelarsi, anche quest’anno, denso di difficoltà e complicazioni.

In altre parole, si dovrà lavorare per la messa in atto di quel famoso “patto educativo” tra adulti di cui da anni si continua a discutere, e che per paradosso proprio la didattica a distanza, con tutte le sue palesi controindicazioni, in alcune circostanze ha fatto emergere nei mesi scorsi. Quello stesso spirito di solidarietà, laddove creatosi, deve ora entrare in classe e fare la sua parte in presenza, per il bene di alunni e alunne, di ogni ordine e grado, senza perdere altro tempo. La campanella sta per suonare.