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Idee

Lavorare per i lavoratori, una scelta per l'Europa

Presentazione del libro 'Lavorare è una parola' © Marco Merlini
Roma, 21luglio 2020
Cgil nazionale
Presentazione del libro di Altero Frigerio e Roberta Lisi 'Lavorare è una parola', un alfabeto corale a cinquant'anni dallo Statuto dei lavoratori
Nella foto  Pierluigi Bersani, Maurizio Landini e Andrea Orlando
Foto: Marco Merlini
Emiliano Sbaraglia
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Incontro tra Landini, Orlando e Bersani in occasione della pubblicazione del libro “Lavorare è una parola”, con lo sguardo rivolto al raggiunto accordo europeo

Nella Sala Di Vittorio di Corso d’Italia il segretario generale della Cgil Maurizio Landini conversa con Pierluigi Bersani e Andrea Orlando. L’occasione viene offerta dalla presentazione della recente pubblicazione Donzelli del volume “Lavorare è una parola”, curato da Altero Frigerio e Roberta Lisi, che raccoglie numerose riflessioni sul mondo del lavoro a cinquant’anni dallo Statuto, la legge 300 del 1970.

Incalzato dalle domande della giornalista Rachele Gonnelli è Bersani ad aprire la discussione, concentrando il suo intervento sul rapporto tra  Stato e mercato ora che lo Stato, in epoca Covid, sembra aver recuperato una centralità fortemente messa in discussione negli ultimi 25 anni, in nome di un modello economico basato sulla privatizzazione senza regole, senza un quadro di liberalizzazioni bilanciate. Gli esempi, dalla Telecom alla Rai, per citarne soltanto due, sarebbero molti.

L’attuale vicesegretario del Pd Andrea Orlando, più volte ministro, entra invece nel merito di quello che inevitabilmente è stato il convitato di pietra del dibattito, vale a dire il raggiunto accordo europeo sul Recovery Fund, e i 209 miliardi complessivi destinati all’Italia. Per Orlando l’importanza dell’accordo risiede non solo nell’arrivo di questi soldi, ma anche nel fatto che venga indicato cosa se ne debba fare, riassumendo gli obiettivi, che sono poi di qualunque forza progressista europea, nel rafforzamento di una strategica coesione territoriale e sociale, oltre a corposi e mirati investimenti in tecnologia e green economy.

Maurizio Landini parte proprio dal titolo del libro, sottolineando come la parola lavorare, in tempi come questi, dica tutto, per arrivare al nuovo contesto europeo. Alla luce dell’accordo di Bruxelles, il confronto necessario con il governo passa ora al come investire questi soldi, e per fare che cosa, in una condizione pressoché irripetibile non solo in termini di quantità elargita, ma anche in virtù della valenza storica determinata da un’Europa indirizzata verso questa prospettiva. Landini rivendica come la Cgil, non da sola, ma con il sindacato tedesco e intervenendo con la Confederazione europea dei sindacati, avesse proposto una sorta di emissioni-bond per sostenere gli investimenti, ora divenuto elemento di novità molto importante nel quadro continentale configuratosi.

Da qui il significato del titolo del libro: rimettere al centro il lavoro ricostruendo i diritti, quelli perduti e quelli da conquistare in base alle trasformazioni in atto, e per far tutto questo c’è bisogno di una struttura che sappia intervenire sul mercato del lavoro, in particolare quello precario.

Un precariato divenuto preponderante in tutta Europa negli ultimi due decenni, causato anche da quei Paesi che si autoproclamano socialdemocratici, appiattiti su una logica di mercato che da sola avrebbe risolto ogni problema. Ma questo non è avvenuto, e ora si impone la proposta di un nuovo modello di sviluppo, che tenga conto di come i lavoratori possano essere partecipi del cambiamento. Perché la formazione, di cui tanto si parla, significa anche questo: come consentire alle persone che lavorano di utilizzare la propria intelligenza sul come e perché si produce. Dunque la questione, rispondendo a Bersani e Orlando, non è soltanto sull’intervento dello Stato, ma come cambia il sistema di funzionamento delle imprese, perché la complessità dei processi richiede anche questo: non solo digitalizzazione, ma come in base a questa cambia lo Stato e il suo ruolo.

Landini poi sposta il ragionamento sulle nuove tecnologie, e la comunicazione di nuovo secolo: “Le informazioni sono il nuovo oro, la nuova materia prima. Da Google in poi, tutti fanno i soldi sulla gestione delle informazioni. Rischia di essere una nuova frontiera anche sullo sviluppo e il controllo della democrazia”. E una nuova frontiera di controllo potrebbe rivelarsi anche la scuola: “La scuola della didattica a distanza ha fornito una quantità di informazioni immesse sul mercato grazie a piattaforme non pubbliche ma legate a grandi gruppi privati, che acquisiscono i dati di un grandissimo numero di persone. Un problema di democrazia”. Tema di cui, nel libro, si occupa lo scritto di Andrea Ranieri, individuando la strada del “sapere operaio” dalle 150 ore alla “formazione permanente”, visti i tempi che corrono: “Non solo le conoscenze per fare quello che faccio, ma anche le competenze per capire quello che faccio”.

La tecnologia digitale, trasversalmente, cambia tutta la prospettiva economica sociale, presente e futura. Dunque il ruolo del sindacato è acquisire non solo i diritti di tutela del lavoro, ma “il diritto contrattuale di poter partecipare nel momento in cui si prendono decisioni nel mondo del lavoro a cui afferisci”. Se sta cambiano il prodotto, e la natura del prodotto, e l’intervento pubblico nell’economia deve indirizzare certe scelte, per non lasciare tutto al privato.

Foto: Marco Merlini

Da qui la proposta per un’ “Agenzia per lo sviluppo pubblico”, che contribuisca a indicare le scelte strategiche per il Paese, perché “le scelte che faremo nei prossimi mesi determineranno quello che farai nei prossimi anni, E una volta scelti gli investimenti da fare, i soldi vengono dati per quello che hai scritto. Anche per questo parlo di occasione irripetibile”. Per Landini il tema nodale è quello della ricostruzione di una rappresentanza politica del lavoro, perché quanto avvenuto in questi giorni in Europa con lo scontro tra socialdemocratici e “frugali” è anche il frutto di una rottura tra il mondo del lavoro e la rappresentanza politica, in corso da anni. Le parole della politica hanno perso significato, in particolare per il mondo dei precari, e la parola “sinistra” per i precari non è più sinonimo di trasformazione e cambiamento, ma viene associata al fatto di esser rimasti precari nel tempo, dato che “le culture comuniste e socialiste abbiano interrotto la loro spinta propulsiva rispetto alla trasformazione del lavoro”.

Eppure, proprio nel libro di Frigerio e Lisi si ricorda come lo Statuto dei lavoratori venne votato in Parlamento con l’astensione del Pci, mentre chi lo votarono furono anche la Dc, il Pli, il Pri. Vuol dire che in quegli anni non solo la sinistra, ma anche per il centro e la destra il lavoro veniva prima delle ideologie, e doveva avere dei diritti. Per Landini, o si ricostruisce quel tessuto, anche in chiave europea, oppure la partita appare già perduta. Mai come ora - conclude Landini - rappresentare gli interessi del lavoro significa lavorare nella trasformazione, in un momento in cui il lavoro sta cambiando, e le persone, se fatte partecipare, possono diventare protagoniste del loro futuro.

Ecco perché si tratta di un’occasione unica.