A Napoli non è come a Milano. Al Nord i rider sono gli immigrati, qui sono i padri di famiglia, espulsi dal mercato del lavoro, che con le consegne a domicilio ci mantengono moglie e figli. Sarebbe più corretto dire mantenevano: se prima del Covid con un turno di 12 ore portavano a casa fino a 60 euro, adesso se va bene se ne mettono in tasca 20-22. Quello che sta succedendo dopo la quarantena ce lo spiega Antonio Prisco, rider partenopeo e delegato Nidil Cgil: “Prima del lockdown eravamo in 1.700, adesso siamo in 2.500 a contenderci i turni. Alcune aziende hanno ridotto il compenso, arrivando a 2,20-2,80 euro lordi a consegna, a cui devi togliere la ritenuta d’acconto e le spese per il mezzo, mentre altre hanno aumentato le aree di consegna: 22 chilometri per recapitare una pizza. Capite che in bicicletta non sono esattamente una passeggiata”. I lavoratori vengono così messi in competizione tra loro. Reclutati con un semplice click, corrono da una parte all’altra della città, che ci sia la pioggia, il freddo o la canicola. E i più bravi, i più veloci, quelli che prendono tutto, anche per un euro, vengono premiati con più turni. Si può ancora definire lavoro questo?