Si ferma la Whirlpool. Oggi (venerdì 17 luglio) i lavoratori di tutti e sei gli stabilimenti italiani incrociano le braccia per otto ore, con blocco degli straordinari e manifestazioni territoriali, per chiedere alla multinazionale di ritirare la decisione di chiusura e al governo di agire concretamente per risolvere la vertenza. Di particolare rilievo il sit-in previsto a Napoli sotto la Prefettura, in piazza del Plebiscito.

“Per noi esiste solo il piano A, perché scaricare lo stabilimento partenopeo vuol dire indebolire tutto il gruppo”, dichiara Barbara Tibaldi, segretaria nazionale Fiom Cgil e responsabile elettrodomestico. La paventata chiusura del sito di Napoli appare infatti come il primo passo verso un deciso disimpegno dall’Italia.

Fiom, Uilm e Fim, in una lettera inviata al premier Conte e ai ministri dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, e del Lavoro, Nunzia Catalfo, avevano già in precedenza espresso tutta la loro “delusione per le posizioni assunte dal Mise che nei fatti assecondano l’impostazione dell'azienda”, chiedendo di mettere insieme la discussione sulla Cassa integrazione con la politica industriale di rilancio del sito napoletano.

“Mentre l'azienda piange miseria e scarica sui lavoratori i costi - continua Tibaldi -, si permette di lanciare un costosissimo piano per dare parecchi soldi agli impiegati e ai dirigenti affinché si dimettano. Si parla di oltre 130mila euro per gli impiegati e molto di più per i dirigenti. L'ennesimo schiaffo ai lavoratori di Napoli sotto il ricatto dei licenziamenti”. Con questa operazione, secondo la Fiom, la Whirlpool “aggira sfacciatamente il blocco dei licenziamenti”. Quelle dimissioni oltretutto “indebolirebbero ulteriormente il gruppo perché depotenziano la ricerca e sviluppo che per tutte le aziende rappresenta il volano che garantisce il futuro”.

Per la Fiom questo è un comportamento dell'azienda “è inaccettabile ed elusivo di un preciso provvedimento del governo, al quale come sempre chiediamo di intervenire”. Le posizioni dell’esecutivo finora hanno, nei fatti, assecondato l’impostazione aziendale, tesa a legittimare la chiusura del sito di Napoli attraverso “poco credibili” prospettive di reindustrializzazione. Da tempo Fiom, Fim e Uil domandano, nello specifico, di svolgere un’analisi dei costi del sito di Napoli, che possa consentire di varare strumenti in grado di costituire un deterrente alle delocalizzazioni, e affrontare le altre questioni relative agli altri siti. Alla Whirlpoool Emea chiedono invece di rispettare l’accordo del 2018, chiarire il piano industriale, e fugare i timori per il futuro di Carinaro.

Così si è arrivati allo sciopero di oggi, mentre per il 31 luglio è già previsto un tavolo al Mise per discutere dell’estensione degli ammortizzatori sociali, che per gli impiegati scadono nel periodo estivo mentre per gli operai c’è la certezza della cassa integrazione fino all’inizio del 2021.