Sulle regolarizzazioni a rilento in agricoltura pesa il “grave ritardo” del ministero del Lavoro. Ne è convinto Jean-René Bilongo, coordinatore Osservatorio Placido Rizzotto/Flai-Cgil: “Dal tour di monitoraggio che stiamo effettuando nel Paese - osserva il sindacalista -, emerge un’amara verità: la regolarizzazione anziché camminare a passo svelto sembra procedere alla velocità di una tartaruga. Non perché non ci sia interesse a far accedere gli invisibili all’emersione, quanto piuttosto perché non è mai venuto alla luce un pilastro essenziale. Mi riferisco al mai pervenuto decreto del ministro del Lavoro che dovrebbe fissare il quantum fiscale e previdenziale richiesto alle aziende”. 

La sanatoria 2020 è tutt’ora in corso e i suoi termini sono stati prorogati al 15 agosto. La procedura di emersione del lavoro nero prevede il rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo per gli extracomunitari clandestini. Per la regolarizzazione è previsto il pagamento di un contributo di 400 euro da parte del datore di lavoro per ogni lavoratore. E’ indicato inoltre un contributo forfettario per le somme dovute dal datore di lavoro a titolo retributivo, contributivo e fiscale, da determinarsi con decreto. Ed è proprio il pezzo che, come denuncia la Flai, manca all’appello e rischia di vanificare l’intera operazione.

“È surreale - spiega Bilongo - che il ministro del Lavoro non abbia assolto a questo suo preciso dovere ad oltre un mese dall’avvio della regolarizzazione”, che resta “un’opportunità preziosa per chi vive e opera nella marginalità sociale ed economica. E’ una via di fuga dal lavoro nero, dallo sfruttamento e dal caporalato. L’emersione qualifica l’ingresso di tanti, a pieno titolo in quanto titolari di diritti, nel circuito produttivo”.

Ma, insiste Bilongo, “il basso numero di domande fin qui presentate nel settore agroalimentare chiama in causa precise responsabilità: in assenza del decreto, solo pochi temerari si avventurano al buio, senza indicazioni precise dei costi cui potrebbero andare incontro. Così non può andare”.

Nel primo mese di apertura delle regolarizzazioni, a giugno, il Viminale ha ricevuto oltre 80mila domande, ma solo 8.300 (circa l’11%) vengono dall’agricoltura, in particolare dalle province di Caserta (1.063), Ragusa (779), Latina (690) e Salerno (684), come rilevato in uno studio della Fondazione Moressa per il Sole 24 Ore. Il resto delle domande (l’88%) riguarda il lavoro domestico, ossia colf e badanti.

Per Bilongo “è ora di uscire da questo granitico immobilismo. Il lavoro degli immigrati non può essere derubricato a questione periferica. Le alchimie, i sotterfugi e le fughe in avanti non hanno cittadinanza quando è in ballo il presente e il futuro delle persone. Altrimenti, ci si rende complici di un sistema pre-feudale che schiavizza, macina vite e insudicia il Made in Italy”, conclude il dirigente sindacale della Flai Cgil.