Una crisi risolta, stavolta sembra per davvero. Nove anni di chiusure e riaperture, di cassa integrazione e salvataggi dell’ultimo giorno: questa la storia della Industria italiana autobus (Iia), la società nata dal raggruppamento dell’impianto produttivo BredaMenarinibus di Bologna e dello stabilimento ex Irisbus di Flumeri (Avellino). “Un mezzo miracolo”, dice Silvia Curcio, 59 anni (37 di lavoro) e due figli, delegata Rsu per la Fiom Cgil nel sito campano: “Vedere che in fabbrica entrano giovani neoassunti, che non sono costretti a fare le valigie e partire ma possono restare qui, lavorare qui, ci dà speranza e ci ripaga di tutte le sofferenze passate”.

Il 7 luglio 2011 la Fiat (proprietaria attraverso Iveco) chiude l’impianto di Flumeri, motivando la decisione con la mancanza di commesse sufficienti per mantenerlo in vita e spostando le attività in Francia, nel sito di Annonay. “Noi lo sapemmo dalla stampa, l’anno precedente si era anche avviata una ristrutturazione allo scopo di essere più competitivi, per il valore complessivo di otto milioni di euro”, continua Curcio. La protesta fu fortissima: 120 giorni di sciopero, stabilimento presidiato notte e giorno, viaggi continui a Roma per interloquire coll’esecutivo di allora.

Dall’inizio della crisi in Italia si sono avvicendati sette governi. “Ogni volta abbiamo dovuto ricominciare daccapo, spiegare al ministro di turno l’importanza del nostro stabilimento, sottolineare che l’Italia rischiava di privarsi di una produzione d’eccellenza”, prosegue la delegata Rsu. Nel 2014 nasce Industria italiana autobus per opera di Finmeccanica (20 per cento) e gruppo Del Rosso (80 per cento), nel gennaio seguente l’azienda acquisisce gli stabilimenti di Bologna (BredaMenarinibus) e Flumeri (Irisbus). L’idea è creare un polo pubblico-privato per la produzione di autobus, ma il progetto stenta a decollare.

 


Nel 2016 c’è la prima crisi industriale e finanziaria della società, che viene “salvata” dall’allora Governo Renzi. Si avvia allora la collaborazione con il costruttore turco di veicoli commerciali leggeri Karsan (gruppo Koç Holding), che dal 2010 già vantava un accordo con BredaMenarinibus per la produzione su licenza di alcuni modelli di autobus. La maggioranza azionaria della società, dopo un brevissimo passaggio in mani turche (Karsan, appunto), nel gennaio 2019 ritorna a essere pubblica, mediante l’impegno di Leonardo (ex Finmeccanica) e Invitalia. Oggi Industria italiana autobus impiega 425 lavoratori tra Bologna e Flumeri, che in tutti questi anni hanno intervallato periodi di cassa integrazione, oltre al ruolo di supporto dello stabilimento Karsan in Turchia (nell’area industriale di Bursa).

“In questi anni abbiamo messo toppe, come il secondo ‘salvataggio’ avvenuto nel 2018 per opera del governo di Lega e Cinque stelle”, riprende Silvia Curcio: “Il problema è sempre stato che gli accordi, i salvataggi, venivano firmati ma non erano mai monitorati. Non si verificava mai se la strada intrapresa era quella giusta”. Eppure il sito produttivo aveva tutto per emergere: grandi spazi (un milione di metri quadrati di terreno e 115 mila di capannone coperto, con una pista di sette chilometri), la vicinanza di autostrade e scali portuali, la prossima stazione della ferrovia ad alta capacità Napoli-Bari, oltre a una manodopera competente ed esperta.

Tutte condizioni che, finalmente, sembrano aver trovato la giusta quadratura. L’azienda ha dichiarato che, nonostante la crisi Covid-19, il 2020 si chiuderà con un risultato migliore rispetto allo scorso anno, con la maggioranza di autobus prodotti a Bologna e Flumeri, a differenza di quanto accaduto nel 2019, dove il numero maggiore era stato prodotto in Turchia. “Lo stabilimento avellinese si sta ristrutturando”, spiega l’esponente sindacale: “Il tetto è stato rifatto, si rinnova l’impianto di riscaldamento. Entro la fine di luglio entrerà in funzione un grande impianto di cataforesi, assolutamente di avanguardia in Europa, che permetterà un particolare trattamento in grado di rendere inossidabile la scocca degli autobus”.

Soprattutto Industria italiana autobus è tornata ad assumere: a Flumeri sono entrati 40 giovani, e anche per Bologna si annunciano novità in questo senso. Una situazione impensabile fino a un anno fa, quando l’azienda sembrava ormai sostanzialmente fallita. “Abbiamo lottato – racconta – per far rivivere questa realtà, per non disperdere il grande patrimonio di professionalità e competenze, soprattutto per dare ai giovani del territorio un futuro”.

Adesso, però, serve un forte partner industriale che affianchi la maggioranza in mano pubblica. Ma per ora, come confermato nell’ultimo incontro azienda-sindacati del 24 giugno scorso, non ci sono novità. “L’azienda ha bisogno di un produttore di autobus, di un colosso del settore, di una multinazionale che conosca il mercato e sappia conquistarlo”, conclude la delegata Fiom Silvia Curcio: “Siamo molto fiduciosi, l’impianto è appetibile, soprattutto ora che è stato ristrutturato. E confidiamo che si possa anche ricreare quell’indotto che c’era anni fa, capace di dare lavoro e sviluppo a una terra, come l’Irpinia, devastata dalla crisi”.