Nelle Marche, in un’azienda su quattro le misure anti-covid non sono state concordate con il sindacato. É quanto emerge da un’indagine avviata dalla Cgil regionale per capire cosa è successo nei luoghi di lavoro nella cosiddetta fase 2 dell’emergenza sanitaria. 

L’indagine è stata realizzata attraverso la compilazione di un questionario tra i rappresentanti dei lavoratori (Rls, Rsu e Rsa) delle aziende dei settori privati marchigiani, in cui si contano 37mila dipendenti. La maggior parte degli intervistati dichiara che, nella propria azienda, è stato adottato il protocollo aziendale di sicurezza: il 63% dichiara che è stato condiviso e oggetto di accordo con i rappresentanti dei lavoratori. Inoltre, la maggior parte degli intervistati fa sapere che, nella propria azienda, è stato costituito il comitato aziendale per la sicurezza. 

Se nella maggioranza delle aziende è stato quindi garantito “il pieno il coinvolgimento degli Rls e dei delegati sindacali”, la Cgil è preoccupata del fatto che “in un’azienda su quattro non solo le misure adottate non sono state concordate con il sindacato, ma non c’è stato neanche il confronto preventivo con i rappresentanti dei lavoratori”. L’elemento più preoccupante riguarda “il medico competente: solo un terzo degli intervistati dichiara che ha collaborato nel definire le misure da adottare”.

Per quanto riguarda el le principali misure delle aziende, nella maggior parte dei casi (il 94%), sono stati forniti i dispositivi individuali di sicurezza come mascherine, guanti, occhiali, indumenti e, per l’84%, i dispenser di detergenti per le mani. Diffusa è anche l’informativa sul protocollo e sulle misure (81%), la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali viene garantita dalla maggioranza delle aziende (79%), meno diffusa è l’aerazione (22%). In molte aziende è stata adottata la distanza sociale (75%) e definiti ingressi e uscite scaglionate (65%). 

Tra le misure più incisive, lo smart work/lavoro agile, deciso dal 60% degli intervistati. Molro praticata anche la definizione di orari differenziati, in relazione agli ammortizzatori sociali (60%). Secondo Daniela Barbaresi, segretaria generale della Cgil Marche, e Giuseppe Santarelli, segretario con delega alla sicurezza sul lavoro, “l’indagine ha messo in evidenza un quadro di luci e ombre. In questi mesi difficili il sindacato ha giocato un ruolo fondamentale nella gestione dell’emergenza nella consapevolezza che la salute e la sicurezza dei lavoratori viene prima di ogni cosa. L’attenzione sul tema della salute e sicurezza va tenuta alta per evitare che siano i lavoratori a pagare il prezzo della ripartenza”.