Ancora oggi in Italia è impossibile conciliare lavoro e maternità: nel corso del 2019 oltre 37mila lavoratrici neo-mamme si sono dimesse dal proprio impiego. I papà che hanno lasciato l'impiego sono stati circa 14mila. È quanto emerge dalla relazione annuale sulla materia, diffusa dall'Ispettorato nazionale del Lavoro. Durante lo scorso anno sono stati complessivamente emessi 51.558 provvedimenti di convalida delle dimissioni e risoluzioni consensuali di lavoratrici madri e lavoratori padri, in numero leggermente superiore (+ 4%) rispetto ai 49.451 del 2018.

Nel dettaglio, gli ispettorati territoriali del lavoro ne hanno adottati 47.759 (circa 93%); i servizi ispettivi della Sicilia 1.883 (circa 4%); la provincia autonoma di Bolzano 1.092 (2%) e la provincia autonoma di Trento 824 (circa 2%). Ha trovato conferma la prevalenza (oltre il 98% del totale) delle convalide relative a dimissioni, censite in numero di 50.674 (a fronte delle 47.410 del 2018) di cui: 49.008 per dimissioni volontarie (oltre 95%) e 1.666 per giusta causa (oltre 3%). Molto bassa invece la cifra delle risoluzioni consensuali, pari a 884 (circa il 2%), in decremento rispetto alle 2.041 dell'anno 2018.

Le convalide hanno prevalentemente interessato donne e uomini di nazionalità italiana. Il loro numero, pari a 43.101 (in aumento rispetto ai 41.335 del 2018), equivale infatti a circa l'84% del totale (percentuale in linea con quella del 2018). Come per gli anni scorsi, contenuti sono stati i dati relativi agli extracomunitari, pari a 5.428 (5.309 nel 2018) e ai cittadini comunitari, pari a 3.029 (2.807 nel 2018), il cui numero equivale, rispettivamente, a oltre il 10% e a circa il 6% del totale. La maggior parte dei provvedimenti, come detto, ha riguardato le lavoratrici madri. Il numero preciso delle dimissioni è 37.611: queste rappresentano circa il 73% del totale, percentuale equivalente a quella rilevata l'anno precedente. Nel 2018 le dimissioni di neo-mamme erano state 35.963, pari sempre al 73%. 

La Cgil chiede al governo una convocazione nel più breve tempo possibile. “L’ennesima allarmante conferma della difficoltà di essere madri e lavoratrici e di quanto siano necessarie forme positive di flessibilità del lavoro. chiediamo un incontro al governo: l’occupazione femminile deve essere al centro dell'agenda per la ripartenza del Paese”. Così la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti e la responsabile Politiche di genere della Cgil nazionale Susanna Camusso commentando i dati.

“Oltre alla difficoltà di bilanciare occupazione e maternità, non solo in termini di giornate di congedo, emerge poi in modo evidente il cronico disinvestimento nella scuola per l'infanzia (0-6)”, spiegano. “Un servizio non sufficiente, con costi spesso troppo alti, e addirittura assente in alcune parti del Paese. La politica dei bonus non riduce questo divario: occorrono forti investimenti strutturali”. Per Scacchetti e Camusso “sarebbe però importante conoscere e utilizzare pienamente le informazioni che possono emergere da un’analisi compiuta dei dati sulle dimissioni volontarie, e per questo sollecitiamo un confronto urgente con ministero del Lavoro, ministero delle Pari opportunità e Ispettorato”.

“Non nascondiamo infatti la nostra preoccupazione che tra gli effetti della crisi Covid 19 vi sia un pesante arretramento delle possibilità di ingresso e permanenza delle donne nel mercato del lavoro. Proprio perché qualche effetto è già visibile - a loro avviso - riteniamo indispensabile che il lavoro femminile sia assunto come prioritario per la definizione dell'agenda per la ripartenza”. “Se così non fosse - concludono - a rimetterci non sarebbero soltanto le donne, ma l'intero Paese, che già deve recuperare un divario negativo rispetto agli altri stati europei” (E.D.N.)