I dati negativi sulla produzione industriale di aprile erano attesi, ma sono comunque molto preoccupanti. Vanno però inquadrati in quella fase della pandemia Coronavirus. Dovremo quindi abituarci per un periodo non breve a letture dei dati su più livelli temporali presi a riferimento.

Ad aprile 2020 eravamo in uno dei punti più alti del lockdown. I risultati della stima Istat pubblicati oggi sono attinenti ad un periodo di blocco molto ampio delle attività; già oggi vengono avanzate stime su maggio che vedono un incremento dei consumi elettrici più alto rispetto al mese che stiamo commentando, ovviamente più basso rispetto allo stesso mese dello scorso anno.

Il dato di aprile è molto negativo, particolarmente se corretto per gli effetti di calendario (un giorno in più nel 2020). Che per l’industria tessile arriva circa al -80,5%, per la fabbricazione dei mezzi di trasporto al -74% e vede per il complesso dei settori un calo del -42,5% rispetto ad aprile 2019 (dato che si abbassa di circa la metà su base di confronto trimestrale).

In questa situazione chi soffre di più sono i raggruppamenti di industrie che producono beni durevoli e, in percentuale inferiore, le industrie alimentari e quelle farmaceutiche. Nei prossimi mesi, verificheremo l’effetto delle riaperture; ovviamente da un livello basso come l’attuale qualche elemento di ripresa potrebbe esserci, ma purtroppo è ipotizzabile allo stato attuale che non si attenuerà un dato di così forte ribasso.

Dobbiamo peraltro ricordare che già dalla fine del 2018 e poi per tutto il 2019, la produzione industriale era calata e i dati attuali inglobano anche questo pregresso. Per cambiare rotta occorre allora una vera riflessione sulla qualità della nostra produzione industriale già precedentemente in difficoltà; occorre ragionare sul livello degli investimenti che nel 2019 erano più bassi della media europea (non si era ancora recuperato il livello del 2008) e nel primo trimestre di quest’anno, ulteriormente sprofondati del -8,1%. Occorre agire sul clima di fiducia non solo delle imprese, ma anche dei cittadini, se vogliamo far ripartire consumi in forte calo, sapendo che uno dei più importanti parametri della fiducia economica è quello dell’occupazione. Insieme alla priorità della tutela della salute sono queste alcune delle risposte più urgenti da dare.

Fulvio Fammoni è presidente della Fondazione Di Vittorio