“La Faurecia si è fatta trovare subito pronta: il 23 febbraio avevamo già il primo protocollo di sicurezza, poi costantemente migliorato da una settimana all’altra, fino ad arrivare alle misure capillari di questi giorni”. A dirlo è Andrea Falciatori, componente della segreteria Fiom Cgil di Terni, riguardo l’azienda del gruppo francese che produce componentistica per automobili, rimarcando che la sinergia tra management e Rsu, in relazione ai protocolli di sicurezza dovuti all’emergenza coronavirus, è partita già a metà febbraio. E cominciamo da qui, dalla Faurecia, la nostra visita ad alcune imprese dell’area ternana per vedere sia come il Covid-19 abbia condizionato il lavoro in ambienti chiusi e sensibili sia come sindacato e management abbiano collaborato per gestire una situazione del tutto nuova.

“Nel protocollo Safer Together abbiamo adottato regole ancora più protettive di quelle richieste dal governo italiano”, spiega Barbara Feliciano, responsabile Salute, sicurezza e ambiente della Faurecia: “Misure che vanno dall’uso dei dispositivi di protezione individuali obbligatori a pratiche di salvaguardia personale e considerazioni sociali applicate alla vita quotidiana. Per riuscire a superare questo momento è necessario un senso di responsabilità elevatissimo, dobbiamo ragionare come un organismo unico”.

La fabbrica è stata chiusa il 27 marzo e riaperta il 27 aprile. All’ingresso si arriva già vestiti per il lavoro, si misura la temperatura, si sanificano scarpe e borse, si detergono le mani, si riceve una mascherina e si indossano gli occhiali protettivi. L’intero stabilimento è mappato da un percorso a senso unico e la distanza di un metro, obbligatoria ovunque, raddoppia nell’area ristoro, dove all’ora di pranzo si misura ancora la temperatura e si esce con una nuova mascherina per il resto del turno. Dei 70 posti della mensa se ne occupano solo 16, osservando dei turni. Ci sono 25 dispenser di gel igienizzante distribuiti nella struttura, due addetti dedicati quotidianamente alla pulizia in produzione e uno negli uffici.

“Le entrate sono scaglionate, tre turni per cinque giorni settimanali, per diminuire l’affluenza in azienda”, riprende Falciatori, precisando che al vaglio delle riunioni adesso “è il ripristino degli spogliatoi, che prevede una nuova disposizione degli armadietti e che è previsto per il 20 giugno”. In conclusione, l’amministratore delegato Francesco Pretelli evidenzia che “siamo in una fase di apprendimento continuo, perché non tutta la forza lavoro è rientrata in azienda e la gestione degli spazi e del distanziamento diventerà più critica, quindi sarà necessaria più attenzione nei comportamenti individuali”.

Stessa preoccupazione alla Garofoli, azienda meccanica di precisione che lavora per l’aerospazio e la difesa. “Siamo stati chiusi 15 giorni, ancora prima che il decreto fermasse le attività, per sanificare gli ambienti e procurarci i dispositivi di protezione individuale, mantenendo le porte aperte per ricevere i materiali”, racconta Paolo Garofoli, uno dei due titolari. “Poi abbiamo ripreso a lavorare, grazie alla deroga per la filiera aerospazio, dapprima con una ventina di addetti, arrivando mano a mano a 50, suddivisi in due turni”, aggiunge: “Normalmente siamo 105. Abbiamo utilizzato parzialmente la cassa integrazione, per tenere a casa le persone più fragili”. Andrea Falciatori rileva che alla Garofoli “è stato osservato un rigoroso distanziamento: è stato necessario intervenire solo in alcune isole della produzione, riducendo gli operai da cinque a tre ciascuna”.

L’Exolon Group invece non ha mai chiuso, la produzione di lastre alveolari in policarbonato è stata particolarmente richiesta in questo periodo per la creazione di barriere di sicurezza da interni. È stato subito costituito un comitato di crisi Covid-19 che si è riunito settimanalmente con Rsu e Rls per decidere insieme come procedere. “Sono state messe in campo le precauzioni necessarie prima che il problema esplodesse”, argomenta Stefano Ribelli, della Filctem Cgil di Terni: “L’approccio qui è stato subito costruttivo, mentre in altre aziende è stato necessario insistere, chiedere di fermarsi per mettere in sicurezza l’ambiente”.

“Ci siamo trovati di fronte a un rischio nuovo, che per la prima volta arrivava dall’esterno”, racconta Alessandro Bussotti, responsabile della sicurezza. Ma le misure sono state tempestive e “abbiamo riscontrato una grande collaborazione da parte di tutti”. Oltre all’adozione di norme igieniche e di distanziamento ferree, sono state ridotte le presenze, contingentati gli accessi in ogni settore, riviste alcune procedure di lavoro. Il cambio turno si svolge in due ore (invece che in mezzora), i reparti sono stati completamente separati tra loro, la ditta che cura la logistica interna sistemata in un altro edificio fino ad avere la garanzia che gli addetti fossero sempre gli stessi e destinati unicamente a loro, carico e scarico velocizzati e ridotto drasticamente l’utilizzo della carta. Dal 4 maggio è iniziato il rientro graduale, a partire dai responsabili dei servizi fino agli impiegati, e adesso la fabbrica è a pieno regime.