La parità di trattamento economica e normativa è un diritto di tutti i lavoratori, anche dei somministrati, nel privato e nel pubblico impiego: salario accessorio, premi di risultato, indennità, incentivi, risorse aggiuntive previste dallo Stato o dalle Regioni per la pandemia vanno pagate alle oltre 12mila persone, lavoratori e lavoratrici somministrate, che hanno operato e stanno operando nel comparto della sanità pubblica anche durante il periodo Covid-19. Lo affermano le segreterie nazionali di Nidil Cgil, Felsa Cisl e UilTemp che ricordano come i “nostri eroi”, in prima linea per garantire il funzionamento del servizio sanitario, nonostante i rapporti di lavoro temporanei hanno sempre dato piena disponibilità, con grande senso di responsabilità e spirito di sacrificio. 

Adesso anche loro dovranno rientrare nelle premialità che verranno definite per i lavoratori del comparto sanitario, altrimenti si realizzerà una clamorosa ingiustizia sociale ed economica. I sindacati chiedono di applicare la legge e le disposizioni amministrative che riguardano il lavoro in somministrazione riconoscendo uguali diritti per uguale prestazione lavorativa. Un problema, questo, che è comune a buona parte della pubblica amministrazione, nonostante norme e varie sentenze abbiano riconosciuto queste ragioni.

Su questo Nidil Cgil, Felsa Cisl e UilTemp vigileranno ad ogni livello affinché venga rispettato questo principio, chiedendo anche al governo di farsi parte attiva. Nei prossimi giorni le organizzazioni sindacali avvieranno una campagna per la parità di trattamento nella pubblica amministrazione e per l’eliminazione della discriminazione per i lavoratori e le lavoratrici in somministrazione, ai fini dell’accesso alle procedure concorsuali riservate (previste dalla legge Madia): si tratta in concreto di poter far valere la professionalità e l’anzianità acquisita in anni di precariato, anche considerando l’impegno profuso durante il periodo Covid-19.