A marzo 2020 l’indice Istat della produzione industriale precipita, diminuendo di ben il 28,4% rispetto a febbraio e ancor di più se corretto per gli effetti di calendario (22 giorni lavorativi a marzo 2020 contro 21 a marzo 2019). La media del primo trimestre - rispetto a quello precedente - è solo in parte migliore (-8,4%) perché gli effetti dell’epidemia nei primi due mesi dell’anno non si erano ancora manifestati in termini di blocco delle attività, di calo della domanda interna e internazionale, e perché i tre ultimi mesi del 2019 avevano comunque registrato un costante calo della produzione industriale.

Si tratta della maggior diminuzione dall’inizio delle rilevazioni nel 1990, decisamente più alta anche di quella del periodo 2008-2009. Gli effetti dell’epidemia sono evidenti e diversificati fra i settori di attività economica. Tutti sono in calo, ma i dati peggiori a marzo riguardano le attività manifatturiere e in particolare, la fabbricazione di mezzi di trasporto (-52%), il tessile e l’abbigliamento (- 51%), la metallurgia (-37%), la fabbricazione di macchinari ed attrezzature (-40%).

Cali più attenuati riguardano la produzione di prodotti farmaceutici (-9%) e le industrie alimentari (-6,5%), queste ultime nel trimestre mantengono una dinamica stazionaria. Dati attesi ma non per questo meno gravi, che proseguiranno sicuramente per il blocco delle attività ad aprile. Nei mesi successivi, l’andamento dell’epidemia sarà decisivo.

In ogni caso occorrerà tener conto, come in tutti i periodi di grande crisi, di un atteggiamento molto cauto verso i consumi da parte delle famiglie, sia nella quantità che nella scelta della qualità dei prodotti; della storica propensione verso il risparmio sicuramente intaccato dalla crisi e della forte crescita della povertà; delle difficoltà nella domanda estera, fattore particolarmente importante in un paese esportatore come il nostro; dall’accumulo di scorte nelle imprese che erano state reintegrate a inizio anno e non utilizzate; dalla ripresa delle attività a ritmo ridotto da parte di molte imprese, con un uso molto elevato della cassa integrazione; dal pericolo di disoccupazione e chiusura di aziende.

Non solo il prossimo mese ma tutto il prossimo trimestre, sarà dunque difficilissimo e influenzerà in modo negativo l’intero dato annuale: per questo sono necessari e urgenti interventi straordinari a sostegno dell’economia e dell’occupazione, sia italiani che europei. Allo stesso tempo non sono più rinviabili le scelte di fondo sul futuro della nostra economia e produzione, da troppi anni piatte e nell’ultimo anno pre-Covid in costante calo.

Fulvio Fammoni è presidente della Fondazione Di Vittorio