Non se l'aspettava Chiara che il suo video, questo video, postato su Facebook divenisse in pochissimo tempo virale. Quasi 16mila visualizzazioni e poi centinaia di like e moltissimi commenti: “Grazie per quello che fai e per quello che fate”, “sei tutti noi!”, “sottoscrivo ogni parola di quello che hai detto”. E, in effetti, le parole di Chiara Mearelli - 38 anni, da 12 infermiera in rianimazione, all'ospedale di Città di Castello (Perugia) - danno coraggio.

“Stiamo per mandare a casa l'ultimo paziente – ci dice – finalmente chiudiamo il reparto covid e torniamo alla nostra 'normalità'. All'inizio però è stata durissima, perché la pandemia ci è franata addosso quando non eravamo pronti. Molti colleghi si sono infettati e poi c'erano i pazienti, che andavano trattati in maniera completamente diversa da come facciamo di solito, senza contatto, con un'isolamento anche emotivo fortissimo”.

Nel reparto di Chiara ne sono morti 4 su 17. “E la cosa peggiore – ci confessa – è stata vederli entrare svegli, vigili, come di solito non succede da noi in rianimazione. E chiedere il consenso per intubarli e poi lottare per tenerli in vita. Ma non sempre ce l'abbiamo fatta. È stata questa la cosa più difficile, anche più di gestire la paura per noi stessi e i nostri familiari”.

Ma poi lentamente la situazione è migliorata, gli sforzi enormi di Chiara e dei suoi colleghi, infermieri, medici e oss – arrivati ad essere 30 durante la pandemia, il doppio del solito – hanno dato i frutti sperati. “Ora il reparto verrà bonificato, si torna al lavoro di prima, anche se in eredità avremo un posto letto in più, a fronte dello stesso organico. Ma di questo ci sarà tempo di parlare con l'azienda”.

Sì, perché lei oltre ad essere coordinatrice del suo team di infermiere e infermieri è anche sindacalista. Iscritta alla Cgil “dalla nascita”, scherza. “Vengo da una famiglia in cui non ti chiedi perché iscriverti al sindacato, ma semmai perché non farlo – racconta – Quindi non ho mai avuto dubbi e una volta presa la tessera sono stata quasi subito candidata come Rsu e, inaspettatamente, eletta ad appena 30 anni”.

Di certo, fare l'infermiera e anche la sindacalista durante l'emergenza Covid non è stato facile. “Almeno nella prima fase, quando mancavano i Dpi – ci dice ancora Chiara – ci sarebbe stato bisogno di più sindacato, ma certamente non era facile rispondere, sia per le restrizioni imposte dalla stessa pandemia, sia perché abbiamo lavorato 14 ore al giorno. Adesso però penso che il sindacato sia fondamentale: se c'è una cosa che questa terribile esperienza ci ha lasciato in positivo, infatti, è una forte unità tra lavoratrici e lavoratori. Tutti dalla stessa parte ad affrontare un nemico potentissimo”.

E quando dice “tutti” Chiara Mearelli non intende solo quelli in camice bianco, ma si ricorda anche degli altri. “Ci sono i lavoratori che ci hanno messo a disposizione in tempi record le divise, aumentando le dotazioni, perché non erano sufficienti e quindi lavorando molto più di prima, nonostante abbiano perso l'appalto. E poi ci sono le ragazze che hanno pulito e sanificato i nostri reparti, che lavorano in coooperativa, guadagno molto poco e fanno tante ore: anche loro il virus l'hanno visto in faccia, proprio come noi”.

“Tutto quello che abbiamo fatto è stato possibile grazie alla responsabilità di tutte queste lavoratrici e questi lavoratori – conclude Chiara, infermiera di rianimazione – perché il virus forse ci avrà allontanati nella vita di tutti i giorni, ma qui in realtà ci ha uniti. Un nemico così forte (e chi l'ha visto da vicino non ha dubbi su questo) non si sconfigge se non si fa fronte comune, se non si è gruppo, indipendentemente dalla professione e dal ruolo di ognuno di noi. Ora però – conclude Chiara – questa unità, questa grande forza teniamocela stretta, non torniamo a dividerci”.

*Video realizzato dalla Cgil Alto Tevere a cura di  Patrizia Venturini, riprese Francesco Polchi (AtvReport.it)