Un kit di sicurezza anti Covid insufficiente, nessuna formazione in vista della fase 2 e totale chiusura verso qualsiasi rivendicazione del sindacato: succede anche ai dipendenti sardi della multinazionale Coca Cola, unica grande azienda del settore a non aver stilato accordi sindacali che tenessero conto delle difficoltà affrontate dai lavoratori in questa fase di emergenza. Da qui la presa di posizione della Flai Cgil, mobilitata a livello nazionale contro un comportamento giudicato inaccettabile.

Lavoro e diritti evaporano. “Dopo la decisione di attivare la cassa integrazione anche per i 23 dipendenti sardi della rete commerciale – spiega la segretaria Flai Cgil di Cagliari Valentina Marci – abbiamo avanzato alcune proposte e chiesto che il salario venisse integrato e riconosciuti i diritti alla maturazione di tredicesima, quattordicesima, tfr, ferie e permessi”. L’azienda invece, è andata avanti senza alcuna considerazione per le richieste dei lavoratori, anzi, ha persino paventato il rischio che l’accoglimento delle rivendicazioni sindacali potesse portare in futuro a un ridimensionamento degli organici. “Oltretutto – ha aggiunto Valentina Marci – i lavoratori della Coca Cola, così come tutti quelli del settore, sono nuovamente in stato di agitazione a causa delle posizioni assunte, anche dalla multinazionale, nella trattativa con Federalimentare per il rinnovo del contratto collettivo”.

Il precedente. Questi atteggiamenti inaspriscono le relazioni fra il sindacato e il gruppo che, val la pena ricordarlo, otto anni fa aveva deciso di chiudere lo stabilimento nell’area industriale di Elmas mandando a casa quasi cento lavoratori.