"Non è pensabile che i test rapidi per il coronavirus vengano effettuati a pagamento in strutture private, senza alcun criterio di selezione se non quello del portafoglio dei clienti". Ad affermarlo è la Cgil dell’Umbria che, appresa la notizia di questa iniziativa in una clinica privata di Perugia, ha informato immediatamente Regione e prefettura, che hanno convenuto sull’assoluta inopportunità della gestione privata di questo strumento diagnostico. I rischi connessi, infatti, sono diversi: “In primo luogo la comunità scientifica umbra ritiene che l’utilizzo del test rapido su larga scala potrebbe comportare il venir meno delle misure di contenimento sociale, stabilite dal Ministero ed essenziali per interrompere la trasmissione dell’infezione - sottolinea la Cgil -. Inoltre c’è un’enorme questione etica, che in una fase come questa dovrebbe trattenere anche i più audaci dal fare soldi sulle paure e sulle fragilità delle persone”. La strada quindi è fermare subito questa iniziativa senza rimpalli di responsabilità, sostiene il sindacato, e rimettere in mano al pubblico la gestione dell’emergenza sanitaria.