Nella Lombardia colpita dall'epidemia di Covid-19 attualmente Tim impegna circa 5.500 lavoratori. La maggior parte di loro sono operativi da casa, in regime di smart working, ma c'è una parte degli addetti che resta in prima linea e si trova particolarmente a rischio: sono i tecnici che installano le linee telefoniche ed effettuano riparazioni. Ogni giorno vanno a casa dei clienti, senza protezioni adeguate, con il pericolo di contagio che questo comporta. A spiegare la questione è Luca Damiani, Rsu della Tim per tutta la regione.

“Oggi la nostra è un'azienda divisa in due”, esordisce il rappresentante sindacale. “Una fetta consistente fa lavoro agile da casa, secondo intese raggiunte con una certa fatica e che si potevano firmare anche prima. Ma questa possibilità c'è: oltre ai reparti che già ne usufruiscono, attualmente sono a casa soprattutto i lavoratori dei call center, che di solito non hanno a disposizione una scelta. Tra poco ogni reparto potrà lavorare da remoto”.

C'è però una questione irrisolta, che va avanti dall'arrivo del virus e preoccupa molto il sindacato: quella dei tecnici esterni. “Si tratta delle persone che riparano i guasti e installano le linee – così Damiani -: alcuni di loro sono dentro i luoghi aziendali, altri per le strade e altri ancora a casa dei clienti. Questo è certamente il punto più complicato: ne abbiamo discusso a lungo con l'azienda, ma non abbiamo ancora trovato una mediazione sulle modalità per entrare nelle abitazioni. La procedura attuale prevede i guanti, ma non le mascherine, ci si limita a una generica raccomandazione di mantenere la distanza di sicurezza di un metro e mezzo”.

Il problema di entrare nella casa di uno sconosciuto, di questi tempi, è evidente. "Quando andiamo da un cliente non sappiamo mai chi abbiamo di fronte: se un individuo è in piena salute oppure no. Faccio un esempio concreto: ci sono stati casi di clienti in quarantena, che hanno fatto entrare i tecnici comunicandolo solo alla fine dell'intervento". Ma si corre anche il rischio contrario: "Abbiamo avuto lavoratori positivi al Covid-19, che erano in servizio perché i sintomi non si erano ancora manifestati, quindi non potevano saperlo". La mancanza di sicurezza insomma riguarda tutti. "Sia i lavoratori che i clienti corrono un rischio - afferma Damiani -, ma in generale è una questione di tutta la comunità, un tema che investe l'intera Lombardia, particolarmente delicato in una regione dove occorre fermare il contagio".

Il sindacato ha avanzato le sue richieste per affrontare la situazione: "Chiediamo il principio della massima tutela: quando il tecnico entra in abitazione deve avere guanti, mascherine, occhiali e tutti i dispositivi di protezione individuale. Poi sappiamo bene che alcuni strumenti sono difficilmente reperibili, la priorità è fornirli agli operatori sanitari. Chiediamo allora, con l'aiuto della Protezione civile, di essere informati se nelle case in cui andiamo ci sono persone in quarantena, naturalmente nel massimo rispetto dalle privacy. In questo modo potremmo sapere in anticipo quando c'è da fare un intervento delicato, che richiede la massima attenzione". Tutela e informazione dei lavoratori, dunque, per essere tutti un po' più sicuri.