Centinaia di migliaia: tanti sono i collaboratori coordinati e continuativi che stanno mettendo a rischio la propria salute oltre, e che rischiano inoltre di vedere diminuiti i propri compensi, se non addirittura di perdere il lavoro. Se infatti da una parte c’è la grande preoccupazione di contrarre il virus in ambienti e spazi di lavoro che non avevano fatto i conti con le restrizioni in atto, dall’altra l’alternativa di non lavorare significa certamente rinunciare a buona parte del proprio reddito e non avere diritto a nessun ammortizzatore sociale. E’ quello che sta succedendo ai collaboratori del mondo delle ricerche di mercato, del recupero crediti, delle attività di vendita diretta di beni e servizi.

“In questo momento complicato sui posti di lavoro – sostengono i sindacati dei lavoratori non standard Felsa Cisl, NIdiL Cgil e Uiltemp – molte lavoratrici e lavoratori sono particolarmente preoccupati di poter lavorare nelle giuste condizioni di sicurezza e ci chiedono, con l'aggravarsi della crisi sanitaria, di poter lavorare con modalità da remoto. Alle associazioni datoriali, dalle quali ci aspettiamo delle risposte rapide, abbiamo chiesto che debba essere fatto tutto il possibile affinché anche i collaboratori possano svolgere la propria prestazione lavorativa da casa. E’ fondamentale poi – aggiungono le sigle sindacali – che le misure che a breve varerà il Governo prevedano anche interventi importanti di sostegno al reddito per questi lavoratori”.

E’ il caso di Gfk (ricerche di mercato), “in cui incomprensibilmente – spiegano i sindacati – non si consente di svolgere lavoro dalle proprie abitazioni, nonostante i test di questi giorni in azienda abbiano dato esito positivo”, così come quello della sede pugliese di Ipsos e dei 350 rilevatori “porta a porta” in tutta Italia che in queste settimane sono rimasti a casa, senza lavoro.

Nessun reddito, nessun tipo di welfare, nessun ammortizzatore sociale per questi collaboratori “porta a porta” che da anni sono pagati a provvigione, pur essendo laureati e professionisti di un settore molto importante. Retribuiti poco più di 30 euro ad intervista, con contratti di collaborazione rinnovati di anno in anno, da oltre un decennio, ovvero da quando nel 2009 l’Istat ha deciso di esternalizzare il servizio di Fol, indagine continua sulle forze di lavoro, e l’indagine sui consumi, affidandolo in appalto ad Ipsos.

“E' paradossale pensare – concludono Felsa NIdiL Uiltemp – che a pagare il prezzo più alto siano proprio questi lavoratori, perennemente precari, che però permettono ogni mese di calcolare lo stato di disoccupazione in cui verte il nostro paese e la spesa ed i consumi di ogni famiglia. Per questi motivi, al fine di salvaguardare la salute pubblica ma anche la loro situazione particolare, chiediamo all’azienda di predisporre tutto quanto necessario per lo svolgimento del lavoro da casa, al pari degli altri lavoratori. Al governo chiediamo di estendere anche a queste figure contrattuali la copertura degli ammortizzatori sociali", concludono i sindacati.