“Per fermare le crisi industriali e occupazionali, far ripartire gli investimenti, riformare gli ammortizzatori sociali, la tutela della salute e la sicurezza sul lavoro”. Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil hanno indetto per oggi (giovedì 31 ottobre) due ore di sciopero a livello nazionale per tenere assemblee in tutti i luoghi di lavoro. La giornata di protesta precede la grande assemblea nazionale prevista per mercoledì 20 novembre a Roma. ​“I metalmeccanici sono consapevoli della responsabilità generale che hanno nell'industria e nel Paese, e vogliono essere protagonisti dei grandi cambiamenti tecnologici ed ecologici necessari a salvaguardare la vita e l’occupazione di chi lavora”, spiegano Fiom, Fim e Uilm. I metalmeccanici, dunque, sollecitano “una svolta nelle politiche industriali per affrontare e dare soluzione ai circa 160 tavoli di crisi aziendali aperti al ministero dello Sviluppo economico”.

Fiom, Fim e Uilm rilevano che in Italia stiamo ormai assistendo a “una situazione insopportabile: aumenta il ricorso agli ammortizzatori sociali, aumentano gli annunci di chiusure di interi stabilimenti in tutti i settori, dall'elettrodomestico alla siderurgia, dall'automotive all'elettronica, dall'informatica fino alle installazioni. I processi di ristrutturazione troppo spesso garantiscono redditività alle imprese, scaricandone il prezzo sui lavoratori”. Per Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil è dunque necessario “investire nella transizione industriale che fermi la chiusura di stabilimenti e investa sulle persone che lavorano a partire dai grandi gruppi, le multinazionali, fino alle piccole imprese, affinché si assumano la responsabilità della salvaguardia dell’occupazione e del miglioramento delle condizioni di lavoro attraverso l’innovazione”.

Tema fondamentale è quello delle delocalizzazioni verso Paesi a più basso costo del lavoro e impatto ambientale, che vanno impedite mediante “politiche che garantiscano e tutelino il lavoro in Italia investendo nella ricerca e sviluppo e nella formazione continua, nelle infrastrutture, nella riduzione dei costi energetici e della burocrazia”. Altro argomento centrale sono gli ammortizzatori sociali: i metalmeccanici tornano a chiedere un confronto urgente sul tema (lo avevano già chiesto con il presidio del 24 settembre 2018), affermando che “la sola reintroduzione della cassa integrazione straordinaria per cessazione non basta per i lavoratori in caso di procedure concorsuali e per le aree di crisi complessa”.

Questione di estrema rilevanza, infine, è quella della salute e sicurezza. “Occorre porre fine alla lunga catena di infortuni sul lavoro, la vita non può essere a rischio quando si è al lavoro”, spiegano Fiom, Fim e Uilm: “Servono prevenzione, controlli e contrattazione. E servono investimenti in impianti, macchinari e sistemi di monitoraggio più moderni e sicuri, insieme alla formazione per tutti coloro che entrano nelle fabbriche metalmeccaniche per non rischiare la vita o l’insorgere di malattie professionali”.

DA NORD A SUD: LE VOCI DAI TERRITORI
“Molte aziende stanno ricorrendo alla cassa integrazione e agli ammortizzatori sociali, ma questi non sono più sufficienti: se un’azienda chiude, ormai c’è solo la Naspi per due anni”, spiega la segretaria generale della Fiom Cgil dell’Alto Adige Cinzia Turello, evidenziando come nel territorio di Bolzano, che impiega 12.500 lavoratori metalmeccanici, la disoccupazione sia “più bassa, questo è evidente, ma l’idea di industrializzazione del Paese deve comunque ripartire”. In particolare, i sindacati altoatesini sottolineano le difficoltà del distretto dell'automotive di Brunico e Bressanone, a causa sia del rallentamento del diesel e delle vendite sia delle incognite legate alla conversione all'elettrico, terreno su cui l’Italia è notoriamente in ritardo”.

“Assistiamo a un generale aumento del ricorso agli ammortizzatori sociali, trend negativo che viene registrato anche nella nostra provincia”, illustra il segretario generale della Fiom Cgil di Bergamo Andrea Agazzi, segnalando anche l'aumento degli “annunci di nuove chiusure e di processi di ristrutturazione che, come al solito, scaricano il prezzo delle difficoltà sui lavoratori”. L'esponente sindacale sottolinea la necessità di “evitare la tentazione alla delocalizzazione delle attività produttive verso Paesi a più basso costo del lavoro, per tutelare, invece, l’occupazione in Italia, investendo nella ricerca, nello sviluppo e nella formazione continua”. Agazzi evidenzia anche “il capitolo degli ammortizzatori sociali: dopo una serie di interventi legislativi che hanno pesantemente limitato la possibilità di ricorrervi, pensiamo che la sola reintroduzione della cassa straordinaria per cessazione non sia sufficiente. Servono interventi strutturali che garantiscano il diritto all'ammortizzazione, cui, tra l’altro, i lavoratori continuano a contribuire con una trattenuta in busta paga”. C’è, infine, la questione “degli incidenti sul lavoro: è inaccettabile la serie di morti e infortuni gravi mentre si lavora. Servono interventi seri, che coinvolgano tutti, ognuno per le proprie responsabilità e nei propri ruoli, perché l’obiettivo di ridurre gli infortuni deve essere una priorità. Lo è per noi e deve esserlo anche per le aziende e le istituzioni”.

Diversi sono i presìdi che si tengono a Modena davanti alle aziende durante le due ore di sciopero. Alla Emmegi di Limidi di Soliera (in via Archimede 10), azienda del presidente di Confindustria Emilia, sarà presente dalle ore 8 alle 10 il segretario generale della Cgil Maurizio Landini. “Le motivazioni dello sciopero si racchiudono in tre numeri”, illustra il segretario generale della Fiom Cgil territoriale Cesare Pizzolla: “160 tavoli di crisi aziendali irrisolti al ministero dello Sviluppo economico; 200 milioni di ore di utilizzo di cassa integrazione da gennaio a settembre 2019, di cui 3 milioni a Modena, la provincia dell’Emilia Romagna con il maggior utilizzo di ammortizzatori sociali; quasi 700 morti sul lavoro dall'inizio dell’anno a oggi”.

A Messina i lavoratori metalmeccanici sono circa 13 mila, in città prevalentemente impiegati nel settore della cantieristica e in provincia nella petrolchimica, nelle acciaierie e nelle centrali elettriche. “Nell'ultimo decennio abbiamo assistito alla perdita di migliaia di posti di lavoro, a centinaia di procedure di cassa integrazione e al continuo ricorso ai contratti di solidarietà. Sono fenomeni che, soprattutto a queste latitudini, in un delicato contesto socio-economico, vanno assolutamente arginati”, commenta il segretario generale della Fiom provinciale Daniele David, sottolineando che “a livello nazionale, dopo la crisi economica del 2008, è scomparso un quarto degli impianti industriali italiani”.

(mt)