Nel secondo trimestre 2019 il numero di occupati ha superato il livello dell’anno scorso (+283 mila unità), ma è cambiata in modo sostanziale la composizione dell’occupazione: i dipendenti full time a tempo indeterminato sono calati di 544 mila unità; crescono invece sia i part time (+1,1 milioni) sia i tempi determinati (+726 mila). È quanto emerge da un’elaborazione della Fondazione Di Vittorio su dati Istat. Anche il numero di ore lavorate, secondo quanto emerge dallo studio della fondazione della Cgil, è inferiore rispetto al dato del 2008 (-5,1%), si legge nel dossier curato da Lorenzo Birindelli.

La sintesi | Il dossier completo (9 pagine)

“Questi dati – spiega il presidente della Fdv, Fulvio Fammoni – dimostrano che, se si prendono in esame le tipologie di lavoro, la qualità dell’occupazione italiana, nonostante la variazione positiva dello stock di occupati, peggiora sensibilmente, anche per le caratteristiche di ‘involontarietà’ che la contraddistinguono. L’impatto sul mercato del lavoro di un Pil stagnante da ben cinque trimestri e, insieme, il mancato recupero dei livelli per-crisi – aggiunge – si è per adesso materializzato in termini di peggioramento delle tipologie di lavoro, con la crescita del part-time, del tempo determinato e di un calo di ore lavorate, più che sul numero assoluto di occupati. Sono caratteristiche del nostro mercato del lavoro – conclude Fammoni – che i soli dati complessivi riguardanti gli occupati e i disoccupati non sono in grado di cogliere e che è bene tenere in considerazione nei commenti sulla condizione dell’occupazione nel nostro Paese”.

Per la segretaria confederale della Cgil, Tania Scacchetti, “quanto rilevato conferma le nostre preoccupazioni: la crescita del lavoro povero, l’aumento della età della popolazione lavorativa, le difficoltà dei giovani a inserirsi nel mercato del lavoro, la crescita delle teste, ma non delle ore lavorate sono tuttecaratteristiche che stanno diventando strutturali, e che si sommano ad alcuni ritardi storici rispetto agli altri Paesi europei come quello del tasso di occupazione. Anche se alcuni dati possono sembrare positivi, come l’aumento dell’occupazione femminile, vanno sempre analizzati tenendo conto di una tendenza negativa sul fronte della conquista di un lavoro dignitoso”.

I punti nodali sui quali governo e parti sociali dovrebbero lavorare, ricorda in conclusione Scacchetti, sono “investimenti e un piano straordinario di assunzioni, a partire dai settori pubblici; contrasto alla precarizzazione; rinnovo e rafforzamento della contrattazione collettiva nazionale; costruzione di un sistema di ammortizzatori che sostenga il lavoro nelle crescenti fasi di discontinuità”.