“È utile il confronto, ma la preoccupazione resta alta”. A dirlo sono Fisac Cgil, Fabi, First Cisl, Uilca Uil e Unisin, riferendo della trattativa in corso con i vertici di Ubi Banca in merito al progetto di trasferire rami d'azienda di Ubi Sistemi e Servizi (Ubiss) alle società BCube e Accenture. Un progetto fortemente contestato dai sindacati, che il 13 settembre hanno organizzato presìdi e assemblee in varie piazze nazionali, tra cui Jesi e Pesaro. Nel comunicato si legge che la banca, interpellata sulle ragioni del progetto di esternalizzazione, “ha evidenziato come il piano industriale del 2017 di acquisizione delle tre Bridge Banks (Banca Marche, Banca Etruria e CariChieti) fissa un numero massimo di filiali e di dipendenti del gruppo a fine 2020. Questo scenario ha portato Ubi, dopo aver prepensionato circa 2.400 colleghi, a decidere di attivare ora questa infausta leva”.

Riferiscono ancora i sindacati che alla domanda “possiamo escludere altre operazioni di esternalizzazione nell'annunciato aggiornamento del piano industriale?” la Banca ha risposto: “in questo momento non si può escludere nulla”. Per i sindacati, si legge nel comunicato, “ogni soluzione dovrà attuarsi nel solco del contratto collettivo nazionale di lavoro, oltre che dare le massime tutele economiche, normative e occupazionali”. Interpellata sul tema, Ubi Banca ribadisce che “le operazioni di trasferimento dei rami d'azienda non comportano alcuna perdita di posti di lavoro né modifiche significative delle condizioni di lavoro. Il gruppo Ubi conferma altresì la tradizione di relazioni industriali improntate al dialogo continuo e costruttivo, dando piena disponibilità a ricercare tutte le soluzioni che tengano conto anche delle esigenze del personale coinvolto”.