Terzo giorno di assemblea permanente e nuovo sit-in, oggi 22 agosto, per i lavoratori della della Cict, il principale terminalista del traffico container al porto industriale di Cagliari. Il 19 agosto, al termine di una lunga riunione, i dipendenti hanno deciso di rimanere nella sede della società nello scalo che sta attraversando una profonda crisi di traffico merci.

I lavoratori dell'azienda che ha già avviato la procedura di licenziamento per oltre duecento dipendenti si sono ritrovati alle 7.30 del mattino in via Riva di Ponente, al Porto, per continuare la loro protesta con Cgil, Cisl e Uil, per chiedere una soluzione alla vertenza che va avanti ormai da mesi e “per l’assenza di risposte concordate tra azienda, Ministero dello sviluppo economico e Regione,al tavolo del 31 luglio scorso”.

“La crisi è iniziata per le modifiche che sono intervenute nel mercato mondiale dello shipping, che hanno determinato la scelta di porti all'interno del Mediterraneo che potessero essere polivalenti e cioè in grado di poter servire più operazioni portuali”, ha spiegato ai microfoni di RadioArticolo1 Massimiliana Tocco, segretaria generale della Filt Cgil di Cagliari.

La vertenza della Cict si inserisce, infatti, in una situazione di forte concorrenza tra i porti del Mediterraneo, per quanto riguarda il transhipment. L'azienda fa parte di un gruppo multinazionale di rilievo che sta spostando i traffici del porto di Cagliari verso il Nord Africa, soprattutto verso Tangeri, dove il costo del lavoro è decisamente inferiore e burocrazia e fisco creano una situazione di concorrenza sleale all’interno dello stesso gruppo.

Chiediamo la salvaguardia dei livelli occupazionali e salariali - ha continuato Tocco -, il ministero ha proposto una cassa integrazione per cessazione di attività, ma siamo ancora in attesa della risposta dell'azienda”. Mancano però solo 10 giorni alla chiusura della procedura, e la crisi di governo certamente non aiuta a trovare una soluzione. Oltre ai 210 dipendenti diretti, poi, ci sono atri 150 lavoratori dell’indotto che restano appesi a un filo.

Cgil, Cisl e Uil chiedono quindi la riconvocazione del tavolo interministeriale permanente per chiarire una volta per tutte questa situazione di stallo.