I due casi di operai edili con il reddito di cittadinanza, scoperti a lavorare in nero in due cantieri siciliani, di cui uno a Palermo, riportano a galla il fenomeno del lavoro illegale, sempre più diffuso in città, e la carenza di personale per i controlli. Appena un mese fa, la Fillea di Palermo ha denunciato all'Ispettorato del lavoro la presenza di venti lavoratori in nero, tutti nello stesso cantiere edile, in pieno centro storico. Sono centinaia le denunce fatte dal sindacato in questi anni per lavoro irregolare: pochissimi restano invece i controlli.  

“Il fenomeno del lavoro nero è in aumento, non perché ci sono i lavoratori che percepiscono il reddito di cittadinanza e fanno i furbi con lo Stato – dichiara il segretario generale Fillea Palermo, Piero Ceraulo –. Il lavoro irregolare in edilizia c'era e continua ad esserci perché è strutturale, ma viene combattuto con armi spuntate. C'è una condizione di ricatto, dovuta alla crisi decennale del settore, dove il lavoro nero spesso è l'unica l'unica alternativa per il lavoratore, costretto ad accettare un salario basso, senza diritti. Per questo, chiediamo controlli serrati e non per spot”.

“I controlli effettuati su chi percepisce il reddito di cittadinanza ripropongono il tema del lavoro nero, grigio e povero, che da noi è un annoso problema, non solo nell'edilizia ma anche in altri settori – aggiunge il segretario Cgil Palermo, Calogero Guzzetta –. La confederazione, con le categorie maggiormente soggette al fenomeno, chiede che analoghe verifiche vengano fatte anche nei confronti di chi crea le condizioni che rendono dilagante il lavoro nero nel nostro territorio. Non ci sembra che i nuovi provvedimenti del governo abbiano aperto discussioni in Parlamento sul rafforzamento delle misure di contrasto a chi utilizza edili in nero nei cantieri”.

Da sempre, Cgil e Fillea denunciano pochi controlli, per colpa dell'organico inadeguato dell'Ispettorato del lavoro. “Non abbiamo avuto alcun riscontro alla nostra ultima segnalazione, fatta il 19 aprile scorso – aggiunge Ceraulo –. Anche prima del reddito di cittadinanza, la formula era la stessa e i controlli non venivano fatti. L'operaio lavorava un anno, poi veniva licenziato, per usufruire di sei mesi di disoccupazione. Alla scadenza, veniva riassunto. Durante la disoccupazione, l'azienda continuava a pagare in nero le giornate lavorate e risparmiava sulla contribuzione”.  

Secondo la Fillea, nei lavori di ristrutturazione e manutenzione di edifici del centro storico, unico settore in crescita, si riscontra la maggior parte di lavoro irregolare. “In questi cantieri – aggiunge il sindacalista – sono pochi gli operai con gli accantonamenti in Cassa edile. Si tratta spesso di lavoratori non dichiarati presso gli enti bilaterali del settore. Lavoratori, quindi, che non hanno un regolare contratto”.