Un pacchetto di 16 ore di sciopero da proclamare nei prossimi giorni. È sempre più tesa la situazione alla Bombardier Transportation di Vado Ligure (Savona), multinazionale canadese dei settori aeronautica e trasporti. All’inizio di aprile la società ha annunciato la cessione del “ramo ingegneria” dello stabilimento ligure (che occupa 50 addetti, mentre sono 530 i dipendenti complessivi), un provvedimento che sembra preludere alla progressiva dismissione dell’impianto. Una dismissione che appare drammaticamente concreta anche alla luce della mancanza di un piano industriale, della penuria di commesse e della decisione della multinazionale (risalente al dicembre scorso) di vendere un cospicuo numero di asset non strategici (per complessivi 900 milioni di dollari), con il conseguente taglio di oltre 5 mila posti di lavoro in tutto il mondo nei prossimi 12-18 mesi, pari al 7,2 per cento dell’intero personale.

“Questo spacchettamento indebolisce il sito produttivo e rende ancora più concreta la prospettiva di chiusura delle attività di produzione alla fine dell'estate, una volta ultimate le 40 locomotive Dc3 per Mercitalia”, scrivono le segreterie di Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm Uil Savona e la Rappresentanza sindacale unitaria. I sindacati spiegano che “lo sciopero verrà articolato in modo tale da mettere in difficoltà il gruppo rispetto alle scadenze con i clienti, sia rispetto alla consegna del materiale rotabile sia rispetto alla consegna del materiale di supporto per le attività esterne realizzate nei cantieri, perché a questo punto non è più possibile tergiversare”.

Fiom, Fim e Uilm invitano Bombardier a “fornire assicurazioni con fatti concreti sui carichi di lavoro, che esiste la volontà di mantenere il sito produttivo”, oppure, viceversa, a dire chiaramente che “il passo successivo alla cessione di ingegneria sarà la chiusura della produzione, rendendo pertanto evidente il fatto che la continuità produttiva del sito di Vado Ligure passa unicamente dalla ricerca di un nuovo soggetto che opera nel settore della produzione materiale rotabile”. I sindacati, in conclusione, invitano tutte le forze politiche a “darsi da fare affinché si eviti un nuovo omicidio industriale, con conseguente macelleria sociale in una provincia già stremata dalla crisi. Il fortissimo disagio sociale presente rischia di creare un clima di tensione esasperato e, come rappresentanti dei lavoratori, potremmo non essere più in grado di mantenere la pace sociale sino a oggi assicurata”.

La situazione è deflagrata il 29 aprile scorso, quando i lavoratori della multinazionale, al rientro dalle giornate festive del 25 aprile, hanno scoperto che “nei locali oggi utilizzati per la funzione ingegneria è stato costruito un vero e proprio muro dotato di porta tagliafuoco e di maniglia antipanico, frazionando pertanto gli uffici che dovrebbero essere nelle intenzioni di Bombardier affittati a Segula, società francese che acquisirà il ramo d’azienda da fine maggio. I lavoratori occupati in ingegneria vengono quindi di fatto ‘segregati’ in quei locali”. Per i sindacati l’apertura della procedura di cessione dell’ingegneria “rappresenta il primo passo formale per lo scorporo delle attività prima della chiusura dello stabilimento”.

Per Fiom, Fim e Uilm è evidente che “la richiesta arrivata a Bombardier, dalle istituzioni locali prima e poi dal ministero dello Sviluppo economico nell’incontro del 19 aprile, di non procedere con azioni propedeutiche alla cessione del ramo d’azienda fino alla riconvocazione del prossimo incontro al ministero, previsto per metà maggio, sia stata clamorosamente disattesa”. Bombardier, dunque, non ritiene “di dare alcun valore alle richieste delle istituzioni e utilizza il management italiano, incapace di opporsi a qualunque volontà del gruppo, per portare avanti, in disprezzo alle normative di legge, i propri piani”. Piani che a Fiom, Fim e Uilm sembrano ormai chiari: cedere ingegneria senza garanzie per i lavoratori, chiudere le attività di produzione e mantenere, anche se non si sa dove e per quanto tempo, il service. “Quello che è evidente – concludono i sindacati – è che lo ‘spezzatino’ iniziato è finalizzato a chiudere un sito produttivo presente nel nostro territorio dal 1905, uno stabilimento che ha sempre consegnato al gruppo importanti utili grazie a performance tra le migliori di tutta Europa”.

L’ultimo incontro tra azienda e sindacati si è tenuto il 19 aprile scorso a Roma, presso il ministero dello Sviluppo economico. A chiusura del vertice Mariano Carboni (responsabile Fiom nazionale per il settore ferroviario) e Andrea Mandraccia (segretario generale Fiom Vado Ligure), dopo aver confermato tutta la loro contrarietà alla cessione di ramo d’azienda, sottolinearono altresì “come il problema principale sia l'assenza di un piano industriale per il consolidamento e il rilancio del sito. Infatti, non c'è alcuna traccia della volontà di portare a Vado Ligure le locomotive Dc3 per il mercato estero europeo, condizione che costringerà la fabbrica a essere senza carichi di lavoro a fine estate”. Nello stesso tempo, i due esponenti sindacali ricordarono anche di “essere sempre in attesa della formalizzazione del contratto per la produzione di 14 treni per Trenitalia per l'Alta velocità, cosa che porterebbe due anni di lavoro al sito”.

Carboni e Mandraccia, inoltre, rimarcarono anche “la mancanza di novità sul fronte della collaborazione con Hitachi (strategica per Bombardier) per la produzione dei treni a potenza distribuita, destinati al trasporto regionale. Situazione dove si è ancora fermi alla lettera d'intenti, cui non si è più dato seguito”. La Fiom, insomma, chiede alla multinazionale di fare una scelta chiara. “È da settembre scorso – concludono i due esponenti sindacali – che stiamo aspettando un piano industriale degno di questo nome. Se Bombardier non garantisce più il sito produttivo, allora occorre lavorare a un piano B, verificando la disponibilità da parte di altri gruppi a rilevare lo stabilimento. Occorre lavorare a una governance del settore produzione di materiale rotabile, che garantisca i siti produttivi presenti sul territorio nazionale. Riteniamo ci siano tutte le condizioni per farlo”.