“L’Italia ha bisogno sostanzialmente di due cose: aumentare gli investimenti pubblici e incoraggiare le imprese a mantenere tutti gli obiettivi di investimento che fin qui hanno avuto”. Lo afferma Emilio Miceli, segretario nazionale della Cgil, in una intervista a RadioArticolo1, commentando gli ultimi indicatori dell’economia nazionale. “Noi siamo un paese che ha una vocazione nelle esportazioni molto forte – aggiunge –, forniamo prodotti e semilavorati in Europa e nel mondo e questo è un elemento di forza”, mentre “la domanda interna è storicamente fiacca e non riesce a risollevarsi dagli standard più bassi degli ultimi anni. Questo evidentemente pesa nell'equilibrio complessivo”.

“Ma l'illusione berlusconiana secondo la quale l'impresa da sé avrebbe risolto il problema – osserva Miceli – mi pare abbondantemente alle spalle. Il Paese ha compreso che il neoliberalismo spinto non è nelle sue corde”. A maggior ragione, dunque, “la componente pubblica e infrastrutturale è decisiva. Semplicemente bisogna rifuggire dagli estremisti e da coloro i quali si accalorano in un senso o nell'altro sulla prevalenza del sistema pubblico e del sistema privato: questo è un paese in cui l'economia mista è fondamentale”.

Quanto alla prossima stagione di rinnovi contrattuali in tanti settori del manifatturiero e dell'industria, “io penso – aggiunge Miceli – che l'approccio della Cgil debba essere quello di essere in coerenza con l'accordo fatto con Confindustria sul modello contrattuale”, ovvero “quello che poi è stato un po' semplicisticamente definito il ‘Patto per la fabbrica’”. Adesso si tratta di uscire dalla fase del rodaggio e provare a usare i due elementi centrali di quel patto, cioè “la difesa del potere di acquisto da un lato e la crescita delle condizioni delle imprese dall’altro, per poter creare i presupposti di una nuova redistribuzione salariale, cosa a cui ovviamente non possiamo rinunciare”.