Si è interrotta oggi (26 febbraio) la trattativa tra la Fiom e le direzioni aziendali dei gruppi Fca, Chn Industrial e Ferrari. La rottura è avvenuta sul nodo del contratto. Ne dà notizia il sindacato di categoria, dopo l'incontro che si è svolto alle 11 all'Unione industriali di Torino. 

"Non ci sono le condizioni per proseguire la discussione, a fronte di un'indisponibilità della delegazione aziendale a negoziare il sistema di relazioni sindacali, a partire dal ruolo dei delegati. E comunque rimangono troppo ampie le distanze anche su elementi specifici, a partire dalla struttura del salario". Così in una nota Francesca Re David, segretaria generale delle tute blu.

La sindacalista quindi osserva: "Il quadro in cui matura questa rottura del tavolo è tanto più importante, vista la situazione produttiva e occupazionale in cui versa una parte consistente degli stabilimenti e su cui comunque rivendichiamo un ruolo per la tutela dei lavoratori". Nei prossimi giorni saranno avviate le assemblee negli stabilimenti per informare le lavoratrici e i lavoratori.

La questione salariale all'interno di Fca è uno dei temi toccati da Re David nel forum con la redazione di Rassegna Sindacale. "L’ultima volta che in Fca sono stati toccati i minimi contrattuali è stato nel 2012 - ha spiegato -. Il contratto ha un unico livello che ingloba i due livelli salariali – il primo e il secondo – e spalma sulla paga base alcuni elementi della retribuzione di secondo livello. Questo fa sì che i lavoratori Fca hanno in busta paga circa 80 euro in meno sui minimi contrattuali rispetto agli altri lavoratori metalmeccanici. Il problema dell’adeguamento dei minimi è stato posto sia da noi, sia dai firmatari dell’attuale contratto e credo che Fca non possa sottrarsi".

Re David ha poi aggiunto: "Nella nostra piattaforma abbiamo posto anche la questione delle condizioni di lavoro che sono fortemente peggiorate. La verità è che a questi ritmi, con il taglio delle pause o la mensa a fine turno, i lavoratori possono reggere solo “grazie” alla cassa integrazione, ma se lavorassero a turno pieno non ce la farebbero. D’altro canto, non è un caso che in Fca siano tantissimi i lavoratori a ridotte capacità lavorative. Se l’innovazione va tutta a vantaggio dell’aumento di produzione e non produce miglioramenti nelle condizioni di lavoro, il risultato è chiaro: spremi il lavoratore finché ce la fa e poi lo metti da parte".

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