È attesa per mercoledì 7 giugno, in Corte d’Assise a Novara, la sentenza del processo Eternit Bis, il cui imputato Stephan Schmidheiny è accusato dell’omicidio volontario, con dolo eventuale, di 392 persone (329 cittadini, 63 lavoratori) vissute a Casale Monferrato, provincia di Alessandria, e dintorni, morte a causa dell’amianto.

Il verdetto chiude un percorso di 41 udienze (la quarantaduesima è quella di mercoledì), che si sono svolte per due anni esatti, a partire dal 9 giugno 2021, un percorso iniziato a seguito dell’annullamento della sentenza di condanna di Schmidheiny da parte della Cassazione nel 2014, perché il reato fu estinto per prescrizione maturata anteriormente alla sentenza di primo grado. In quel caso non ci fu nessuna presa di coscienza penale sul fatto che il danno fosse – e lo è tuttora – permanente: allora nel territorio casalese morivano 50 persone all’anno, oggi sono circa 35, mentre i casi nel casalese e di Cavagnolo erano 2.272.

Il 7 giugno si saprà sarà la decisione della Corte presieduta da Gianfranco Pezone, affiancato da Manuela Massino e dai sei giudici popolari. Ergastolo con isolamento diurno: questa la pena richiesta per l’imputato dai PM, ai quali si sono associate le parti civili costituite (Cgil Cisl Uil, Afeva, Medicina Democratica, Stato, Regione, Provincia, Comuni).

La pericolosità mortale dell'amianto

"Al di là delle diverse possibilità di verdetto (le ipotesi: condanna dell’imputato per omicidio doloso; condanna non a titolo di dolo, bensì di colpa; assoluzione perché il fatto non sussiste), ci sono certezze oggettive e inequivocabili - scrive la Cgil Piemonte in una nota - sulla pericolosità mortale dell’amianto, emerse nel corso degli anni da centinaia di testimonianze, documenti, denunce del sindacato e della collettività.

È stato accertato che la fibra di amianto causa il mesotelioma, questo non si sviluppa se non c’è esposizione alla fibra d’amianto, Schmidheiny conosceva la pericolosità cancerogena dell’amianto fin da quando aveva assunto il comando dell’Eternit, mistificando e celandone i reali pericoli. Quando poi, nel 1986, aveva sospeso l’attività, ha abbandonato lo stabilimento casalese, l’area ex Piemontese, la spiaggetta sul Po, la discarica, vere e proprie bombe a cielo aperto, con rilascio lento e costante di fibre, senza protezioni, fino a quando la collettività, a proprie spese, si è accollata l’onere della complessa e costosa bonifica, senza mai aver ricevuto da Schmidheiny l’offerta di contribuire alle bonifiche".

Nicola Pondrano: "L'assoluzione non la prendiamo in esame"

“È chiaro – sottolinea Nicola Pondrano, figura storica del sindacalismo casalese, Coordinatore Regionale Amianto Cgil Piemonte - che pende una riqualificazione del reato in omicidio colposo, con l’aggravante della colpa cosciente, come avvenuto già nei processi di Napoli e Torino. In questo caso circa 350 dei 392 casi risulterebbe prescritta. L’assoluzione non la prendiamo in esame”.

A trent’anni dalla legge n.257/92 di messa al bando dell’amianto, questa questione è rimasta irrisolta: ancora oggi si muore silenziosamente a causa dell’amianto, il picco delle morti e malattie riconducibili a questo materiale, si avrà in questi anni, in seguito ai suoi effetti devastanti che si manifestano dopo venti, trenta o anche quarant’anni.

Tra i lavoratori, quelli maggiormente colpiti rimangono gli edili, vista la presenza massiccia di amianto negli edifici costruiti prima della legge 257/1992, con una tendenza crescente di mesoteliomi, passato dal 15.8% dei casi nel periodo tra il 1992 e il 1998 al 23.9% tra il 2014 e il 2018: numeri inaccettabili, che impongono soluzioni nell’immediato da parte della politica.

Amianto problema ambientale serio

"L’amianto - si legge nel comunicato della Cgil Piemonte - non è solo una pesante eredità del nostro passato industriale, ma resta un problema ambientale serio che, se non vedrà una rapida risoluzione, ricadrà pesantemente sulle spalle delle nuove generazioni". Infatti, il sindacato denuncia che la mappatura dei siti contaminati, sia pubblici che privati, necessaria per identificare le aree da bonificare (a partire da scuole, ospedali, caserme, ecc.) rimane ancora incompleta o sottostimata, in quanto molte Regioni non hanno mai adempiuto a questo obbligo di legge (art.10 della 257/92) o, in numerosi casi, sono disponibili dati che non sono mai stati aggiornati negli ultimi 5 anni.

"Dopo 30 anni, rimangono gravi criticità: una mappatura non omogenea sul territorio nazionale dei siti, il fatto che si debba ancora prevedere un rafforzamento e finanziamento per garantire sul territorio nazionale un censimento, il tema delle bonifiche che vanno fatte e velocizzate, garantendo un incentivo Inail a tutte le imprese che fanno richiesta di contributi per la bonifica e che invece rimangono escluse. E poi, il problema dello smaltimento: l’Italia non ha un numero di impianti sufficienti a smaltire l’amianto, oggi sono solo 19, quindi esportiamo all’estero, soprattutto in Germania e Spagna. Sarebbe invece utile prevedere dei depositi temporanei di prossimità, almeno uno per ogni regione e a chilometro zero. Sul tema della ricerca, sorveglianza sanitaria e cure i risultati raggiunti sono importanti, ma c’è bisogno di continuità e di attività di verifica costanti".