Il 13 febbraio del 1947 in Sicilia la mafia colpisce ancora il sindacato. È passato poco più di un mese dalla morte di Accursio Miraglia. A pagare con la vita il loro impegno politico e sociale sono il segretario della Cgil di Villabate, Nunzio Sansone, e il sindacalista di Partinico Leonardo Salvia.

Chi era Nunzio Sansone

A raccontare la storia di Nunzio Sansone, da troppi dimenticata, sarà Edoardo Salmeri:

Anche Villabate ebbe il suo martire: Vincenzo Sansone, mio compagno di partito, fedele collaboratore, che aveva cercato di fondare una cooperativa agricola. La mafia del paese lo eliminò crudelmente, freddandolo a colpi di lupara all’uscita dall’abitato, mentre percorreva il tratto solitario che divide Villabate dal borgo di Portella di Mare. Lo uccisero nella sera, mentre rincasava (…) Ci eravamo appena separati (…) A duecento metri da casa mia c’era un gruppo di gente con la polizia, che piantonava il corpo dell’ucciso. Ricordai allora come la sera prima, appena rientrato, avevo sentito dei colpi di fucile. Non vi avevo dato importanza, credendo che fossero spari di cacciatore. Non avevo sospettato per nulla che in quel momento il mio povero amico e compagno fosse caduto sotto il piombo della mafia. Non immaginavo che quella sanguinaria associazione criminale sarebbe stata capace di commettere un tale efferato delitto. A chi faceva male il povero Vincenzo Sansone, insegnante di lettere, che nella sua gioventù aveva tanto lottato contro la povertà, sopportando dure prove e umilianti privazioni? Egli che conosceva la triste indigenza, voleva riscattare le masse operaie e contadine dalla loro miseria, dall’abiezione materiale e morale in cui esse vivevano nel prolungato servaggio dei tempi, ma era stato stroncato dalla mafia, da quella cosiddetta "onorata società̀" che si arrogava il vanto di interpretare gli ideali di giustizia dell’antica setta dei Beati Paoli, e invece salvaguardava gli interessi del baronato e degli agrari, degli sfruttatori, del lavoro umano. Ecco perché la mafia l’aveva ucciso.

Chi era Leonardo Salvia

Lo stesso giorno, a Partinico, sempre nel palermitano, un’altra vittima si aggiunge al lungo elenco dei sindacalisti uccisi dalla criminalità organizzata.

Leonardo Salvia, come Nunzio Sansone, combatteva in prima fila per i diritti dei contadini e si batteva attivamente per la redistribuzione delle terre. Come Nunzio Sansone era un personaggio scomodo, ucciso da chi voleva salvaguardare gli interessi del baronato agrario.

Quello stesso baronato che tre mesi più tardi sarà tra i mandanti - a Portella della Ginestra - della prima strage di Stato dell’Italia repubblicana.

“Onorevoli colleghi - dirà all’Assemblea costituente Girolamo Li Causi nella seduta del 15 luglio 1947 - non è la prima volta che ci occupiamo della Sicilia e credo che non sarà nemmeno l’ultima”. Aveva ragione.

Il movimento contadino e il sindacato sotto attacco

Nel secondo dopoguerra, gli atti terroristici contro il movimento contadino e i suoi dirigenti cominciano il 16 settembre del 1944, con l’attentato proprio a Girolamo Li Causi, segretario regionale del Pci, durante un comizio a Villalba, feudo di don Calò Vizzini, proseguendo negli anni seguenti con gli assalti alle Camere del lavoro, le intimidazioni e i pestaggi dei suoi dirigenti e con i primi omicidi.

"Cosa fa un sindacalista?" ci sentiamo spesso chiedere. Un sindacalista fa il suo lavoro, anche quando non è facile. Un sindacalista ascolta, comprende, guida, indirizza, consiglia, e quando può, interviene. Un sindacalista combatte e lotta, anche a costo – e le tante biografie che continuiamo a raccontare lo testimoniano – della vita.

Anche a costo, ce lo ha insegnato Giuseppe Di Vittorio, di enormi sacrifici: “Quando si ha la piena consapevolezza di servire una grande causa, una causa giusta, ognuno può dire alla propria donna, ai propri figliuoli, affermare di fronte alla società, di avere compiuto il proprio dovere”.