Anche la gara da un miliardo finanziata dal Pnrr per coprire con il servizio di telefonia 5G le aree bianche, quelle ‘a fallimento di mercato’, è andata deserta. Nonostante il contributo pubblico, gli operatori di tlc non intendono impegnarsi in zone periferiche da cui trarrebbero pochi profitti. È inaccettabile: il governo trovi una modalità per connettere tutto il Paese”. Così il segretario confederale della Cgil Emilio Miceli commenta l’esito di una delle due gare per le reti di quinta generazione previste nell'ambito del piano Strategia Italia Digitale 2026.

“Questo – sottolinea il dirigente sindacale – a poche settimane dalla proroga subita dai bandi di gara per le reti 5G e dopo il rinvio dei termini per quelle legate ai piani Sanità e Scuola connessa, avvenuto per ben due volte. La sensazione, lo abbiamo già ribadito, è che ciò sia dovuto al fatto che si è scelto di trattare la rete di telecomunicazione, struttura portante dell’intero impianto contenuto nelle missioni del Pnrr, come fosse un’opera pubblica ‘inerte’, ignorando il fatto che per connettere il Paese, da nord a sud, dalle aree interne alle isole, non è sufficiente posare i cavi per poi metterli a disposizione del mercato”.

Per Miceli “il risultato è ancora una volta evidente: nonostante nel caso del 5G il contributo pubblico arrivi addirittura al 90% (per un valore massimo di 974 milioni di euro), gli operatori di tlc hanno abbandonato l'idea di partecipare e deciso di non impegnarsi per coprire zone del paese periferiche, da cui sarebbe difficile ottenere ricavi e profitti. A quanto sembra – aggiunge – il governo intende dirottare le risorse verso altri progetti”.

“È inaccettabile trattare il tema dell’intera copertura del Paese come una possibilità e non come un dovere. Il governo – conclude – trovi strumenti e modalità per dotare tutta Italia di una copertura 5G. Troppo facile occuparsi solo delle zone a ‘successo di mercato’...”.