La Corte Costituzionale ha bocciato il referendum sull’eutanasia legale. Dopo due ore di discussione in Camera di consiglio sull'ammissibilità del quesito referendario che mirava ad abrogare parte dell'articolo 579 del codice penale (che disciplina il reato di omicidio del consenziente), lo ha ritenuto inammissibile. Per le motivazioni dettagliate bisognerà aspettare la sentenza, che verrà depositata nei prossimi giorni. Intanto la Consulta ne ha anticipato i principi ispiratori: “Perché – si legge nella nota diffusa dalla Corte - a seguito dell'abrogazione, ancorché parziale, della norma sull'omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili".

Il tema del fine vita in Italia spacca l’opinione pubblica e le forze politiche da almeno quindici anni. La bocciatura del referendum promosso dall’Associazione Luca Coscioni, che aveva raccolto 1 milione e 200mila firme tra digitali e fisiche, è destinata a riaccendere la discussione. “Accogliamo con amarezza la decisione della Consulta che ha dichiarato inammissibile il referendum sull’eutanasia legale – afferma la Cgil nazionale in una nota -. Attenderemo come d’obbligo le motivazioni della sentenza ma come sostenitori del referendum abbiamo sempre ritenuto che la norma debba salvaguardare le persone più fragili che non essendo nelle condizioni fisiche di attuare autonomamente le decisioni sull’interruzione delle proprie sofferenze rimangono ora senza risposte alle loro richieste d’aiuto”.

Attualmente nel nostro Paese è legale la cosiddetta eutanasia passiva, cioè la sospensione delle cure che permette al malato di rifiutare qualsiasi trattamento sanitario. Il referendum aveva l’obiettivo di depenalizzare l’eutanasia attiva, praticata da un medico, che avrebbe consentito di non creare discriminazioni tra i malati e di accompagnare verso il fine vita anche le persone sofferenti che non possono ricorrere ad aiuti esterni. Alla Camera è in discussione un disegno di legge su un’altra strada del fine vita, il suicidio assistito, che prevede che il malato possa somministrarsi un farmaco in maniera autonoma con l’aiuto di un medico. Un testo nato da una proposta di iniziativa popolare, che però non riesce a mettere d’accordo partiti e schieramenti.

“La raccolta di firme della proposta referendaria – conclude la nota della Cgil - ha certificato una grande spinta popolare verso l’evoluzione giuridica della materia e ci aspettiamo dunque che il Parlamento, titolare della potestà legislativa, la eserciti cogliendo questa sollecitazione, oltre a quelle espressa dalla stessa Corte nella sentenza del 2019 sul caso di Fabiano Antoniani”. La Consulta si era pronunciata per il suicidio assistito di Dj Fabo, accompagnato in Svizzera dall’esponente radicale Marco Cappato, finito sotto processo e poi assolto: in quel caso i giudici costituzionali avevano bocciato l’articolo 580 del codice penale, considerando non punibile a certe condizioni chi agevola il proposito di togliersi la vita da parte di persone che soffrono di patologie irreversibili.