Treviso al top mentre Caltanissetta, Crotone e Napoli sono giù, in fondo alla classifica delle città italiane per qualità della vita delle donne. Per la prima volta dagli oltre trent’anni in cui il Sole24ore cura l’indagine sulla vivibilità delle città italiane, quest’anno sono state studiate anche alcune “sottocategorie” tra le quali il gap uomo/donna a livello territoriale.

Scelta interessante quella di fare un focus in chiave di genere perché dati e strumenti statistici servono a evidenziare e a “leggere” i problemi e poi a trovare le soluzioni più adeguate, le policy. Per esempio, da anni oramai per valutare il benessere di un Paese non si fa più riferimento al solo Pil ma anche ad altri fattori, sociali, culturali, collegati ai diritti. Così è bene che per indagare a fondo il benessere di una popolazione si guardi anche dalla prospettiva femminile che rappresenta oltre la metà di tutta la popolazione ma che è troppo spesso assimilata a quella maschile.

Questa scelta del Sole24ore accoglie così la critica della non universalità delle analisi che solitamente vengono condotte usando parametri e modelli tradizionali che privilegiano gli indicatori maschili considerati a lungo universali.

Dodici gli indicatori scelti per dare un voto al gap di genere nelle province italiane: speranza di vita alla nascita, tasso di occupazione femminile e occupazione femminile giovanile, gap occupazionale di genere, tasso di mancata partecipazione al lavoro, gap retributivo, numero di imprese femminili, componenti donne dei cda delle imprese, amministratrici nei comuni, performance nello sport, prestazioni olimpiche, violenze sessuali.

La prevalenza di indicatori collegati al lavoro schiaccia inevitabilmente verso il basso nella classifica le città del Mezzogiorno, eppure la scelta degli indicatori merita una riflessione. Se di qualità della vita delle donne stiamo parlando, non si può prescindere da alcuni aspetti centrali come la presenza di consultori pubblici e di strutture che garantiscano l'accesso a prestazioni fondamentali per le donne in gravidanza o nella prevenzione o interruzione delle gravidanze indesiderate; di asili nido e degli altri servizi sociali che rientrano nell’area della cura, servizi teoricamente per le famiglie ma che la realtà ci dice essere ancora determinanti per le donne.

Dati e indagini confermano periodicamente che troppe donne sono costrette a scegliere tra lavoro e cura dei figli e/o dei familiari anziani. Due elementi che hanno un effetto centrale nella qualità della vita non solo per coloro che un lavoro ce l'hanno ma anche per quelle che vorrebbero cercarlo e ci rinunciano.

A poche ore dallo sciopero generale indetto da Cgil e Uil sotto lo slogan “Insieme per la giustizia” anche quest'ultima indagine curata dal Sole24Ore conferma la necessità di cambiare politiche, di intervenire a sostegno dell’occupazione e per contrastare le diseguaglianze che le policy degli ultimi trent’anni hanno favorito rendendo il nostro Paese sempre più diviso e distante tra territori, classi sociali, uomini e donne sempre più segregate nel mondo del lavoro.