Questa mattina tutta la provincia si ferma per 4 ore. Le lavoratrici e i lavoratori incrociano le braccia per dire basta. La protesta l’hanno indetta Cgil, Cisl e Uil dopo la morte di Luana D’Orazio, la giovane operaia tessile, 22 anni, risucchiata dal macchinario al quale stava lavorando. Lunedì la quiete del territorio è stata travolta da un’onda mediatica, per molti persino inaspettata, che ha riacceso i riflettori sul tema della salute e della sicurezza. Eppure pochi mesi fa, il 2 febbraio, un suo coetaneo, Sabri Jaballah, aveva perso la vita in una ditta tessile del territorio.

“La morte di Luana, così cruenta, l’idea del macchinario che divora la vita della persona, senza che nessuno abbia sentito grida di aiuto, ci interroga tutti”. A parlare è Lorenzo Pancini, segretario generale della Cgil di Prato. La sua voce al telefono tradisce ancora l’emozione e la rabbia di quello che è accaduto. E anche il fastidio, per certi versi, della grancassa mediatica, pensando a tutto il tempo in cui i media non si occupano della sicurezza. Sono due i grandi temi tirati in ballo. Il primo è quello delle ispezioni. L’altro, quello fondamentale, la prevenzione. Per non intervenire sempre dopo che siano accaduti i fatti.

Ma il messaggio più forte il segretario lo tiene alla fine, dando un senso compiuto a tutto il suo ragionamento. “Il segnale importante sarebbe il ritorno del lavoro al centro dell’agenda politica del Paese. Se il lavoro, il suo valore, la dignità che porta con sé nella vita delle persone e la dignità che le persone danno al proprio lavoro, torna al centro della società, avremo fatto un passo nella direzione giusta. Questo Paese, la politica si sono dimenticati del lavoro, di provare a capire e a raccontare la vita di chi per vivere ha bisogno di lavorare. La politica si è dimenticata di questo mondo, eppure sono proprio le lavoratrici e i lavoratori a tenere in piedi il Paese”.

Perché le responsabilità sono più profonde di quello che appaiono. E la rimozione dal macchinario della saracinesca di sicurezza che avrebbe salvato la vita di Luana è la spia di un intero sistema che non regge più. “Il grande tema – ci spiega il segretario generale della Camera del Lavoro di Prato – è il modello produttivo che qui è particolarmente spinto, come sempre quando si parla del sistema moda. Pochi committenti, molti terzisti, in una sorta di lotta fratricida a chi si accaparra le commesse al massimo ribasso e a chi consegna prima il prodotto finito o semilavorato. La rimozione dei dispositivi di sicurezza è tipica di chi deve massimizzare, aumentando i ritmi. Per questo nelle aziende artigiane, quelle più pressate dai ritmi, c’è questa abitudine a metter in condizione i lavoratori di non interrompere il funzionamento della macchina. La morte di Luana e di Sabir è una morte simile a quella di 40, 50 anni fa. Attenzione, non sto giustificando l’imprenditore che lo fa. Ma chiamo in causa tutto il sistema. Questa concorrenza sleale è arrivata a un punto dove la compressione dei costi di produzione e l’aumento dei ritmi di lavoro si scaricano tutti sulle spalle delle lavoratrici e dei lavoratori. Perché la manodopera è nelle tessiture, nelle orditure, nelle filature. Infatti le persone muoiono lì, non nelle aziende committenti”.

Da lì alle condizioni il passo è breve. “Perché di questo modello produttivo fanno parte la compressione dei salari, dei diritti, fino allo sfruttamento lavorativo vero e proprio all’interno di un sistema che, molto spesso, diventa totalmente illegale, ma resiste grazie alla connivenza di chi guadagna i soldi affittando il capannone, del commercialista che trucca le buste paga, del tecnico che scrive false certificazioni. È un intero sistema giunto alla totale aberrazione ad aver stritolato due ragazzi di 22 anni nel giro di tre mesi”.

Quanto è grande la responsabilità della politica? “Noi questa situazione la denunciamo da tantissimo tempo, eppure la politica ha questa capacità di scaricare sempre il problema un po’ più in là, salvo poi commentare con frasi di circostanza, chiedere commissioni d’inchiesta, più ispezioni – proprio la politica che da anni taglia i fondi agli organi preposti –. Si consente che muoiano delle persone sul lavoro, è questa la verità. La politica ha un’enorme responsabilità, come ce l’ha la classe imprenditoriale e le associazioni che la rappresentano. E tu hai l’idea di aver di fronte un muro di gomma, tu denunci, tutti dicono di sì, poi ci rimbalzi”.

Da sabato che accade in questo territorio? “Questa è la vera domanda. Siamo tutti convinti che la prevenzione sia fondamentale? E allora, senza se e senza ma, chi non applica il testo unico gli si tiri giù il bandone (la saracinesca, ndr). Non voglio più sentire lacrime di coccodrillo. Da sabato cosa pensa di fare la politica, cosa gli imprenditori, a parte chiedere più ispettori. Sono disponibili gli imprenditori a mettere in trasparenza le filiere. A fare i patti di filiera per non strozzare i terzisti? Per puntare alla qualità, invece che al massimo ribasso? Per modernizzare gli impianti? Per fare formazione ai lavoratori? Per garantire un lavoro stabile e di qualità? Lasciando fuori dalla filiera chi non ha un rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sul territorio? Queste sono le nostre rivendicazioni, già avanzate agli industriali anche in previsione del Recovery plan”.

Oggi tutti fermi, sciopero generale. “Da domani – ci saluta Lorenzo Pancini – applichiamo il testo unico. Questi sono segnali concreti. Mi aspetto che gli imprenditori di questo territorio siano pronti a mettersi intorno a un tavolo”.