Presentata allo Spazio Gerra ieri pomeriggio, in una puntata di Alimentari cult e in diretta sulla pagina Facebook della Cgil Reggio Emilia e Spazio Gerra, la postproduzione della mostra Amatissime, voluta e ideata dalla Camera del Lavoro reggiana.

Un progetto che, con l’obiettivo di valorizzare i molti materiali raccolti in preparazione della mostra inaugurata lo scorso anno e anticipatamente chiusa al pubblico a causa della prima emergenza sanitaria nel Paese, ha preso forma in una serie di sei podcast e un documentario.

Due mezzi espressivi diversi tra loro, capaci entrambi di non disperdere il patrimonio di conoscenze acquisite e di creare un legame forte tra contenuto e fruizione dello stesso.

In particolare, i sei podcast realizzati, un prodotto totalmente audio per il quale un metro di valutazione risiede certamente nella capacità di mantenere l’attenzione dell’ascoltatore, si sono rivelati capaci di abbracciare la storia e le memorie di lavoro e di lotta delle operaie tessili reggiane con rara grazia e di restituirle, in puntate da venti minuti ciascuna, stimolando in chi ascolta curiosità e desiderio di conoscenza verso il pezzo successivo della narrazione.

(Ascolta QUI i podcast)

Attraverso le voci delle protagoniste, le inflessioni e gli acuti, i fremiti che ne tradiscono l’emozione, la fermezza che ne materializza le intenzioni, riviviamo la storia di una nuova generazione di donne e di operaie che ha dato vita a forme di lotta auto-organizzate per esprimere la propria soggettività e chiedere un cambiamento concreto fatto di asili, consultori, accesso alla medicina del lavoro, riduzione degli orari.

Sono Carla Ferrari, Edda Montecchi, Irene Colla, Anna Scappi, Lia Cottafavi, Norma Borghi, Piera Vitale, Marisa Rondini, Adele Manghi, Katia Menozzi, Loredana Reverberi. Sono Enrico Foroni, Franco Spaggiari, Franco Pedroni, Gianni Rinaldini, Luciano Berselli e Franco Ferretti.  Sono tutti loro a raccontarci questa storia, con la consapevolezza di chi ha fatto parte di una fase politicamente impegnata e la spontaneità di una narrazione genuina di chi racconta una storia perché vuole renderti parte di essa.  Le loro voci si fanno racconto amicale, in un luogo familiare, e anche se non puoi vederli riesci ad immaginarli.

E la storia, spaziando su due decenni, è quella che alla fine degli anni ’60, le vede battersi contro ritmi produttivi incalzanti, salari bassi, parcellizzazione del lavoro, un sistema ipercontrollato, il cottimo e ambienti di lavoro nocivi. Anni in cui per la prima volta le donne prendono consapevolezza della propria forza e iniziano una stagione di lotta per i diritti di tutti. Con gli anni '70 si apre invece una più ampia “stagione del conflitto” che rinsalda le lotte per migliori condizioni di lavoro con le mobilitazioni di piazza per i diritti sociali e civili e per la liberazione delle donne dai tradizionali ruoli imposti dalla società patriarcale. È possibile così immergersi in un clima di grande fermento attraverso il punto di vista delle lavoratrici e la storia di vertenze simbolo come quelle di Bloch, Max-Mara, Confit e Maska: storie che sconfinano dai perimetri della fabbrica, sviluppano solidarietà e si spostano nel cuore della città come luogo onnicomprensivo di rivendicazioni sindacali e sociali.

Percorsi di vita e di storia collettiva che nascono come mostra fotografica, transitano per l’audiostoria dei podcast e diventano anche un documentario. Quest’ultimo è un tour virtuale che permette di visitare le quattro sezioni originarie in cui era stata suddivisa l’esposizione e ci introduce nelle sale dello Spazio Gerra guidati, tra fotografie e documenti originali, da un filo conduttore annodato dalle voci e dal punto di vista delle donne testimoni di quegli anni.

(Vedi QUI il documentario)

Due extensions di Amatissime dunque che si trasforma, ben salda su se stessa, non escludendo di farlo ancora. È il senso del divenire e della necessaria continuità del battersi per un mondo migliore che infondo, fin dalla scelta del titolo Amatissime, in omaggio alla scrittrice afroamericana Tony Morrison, si vuole trasmettere. È la tensione, sempre presente anche quando sopita, a elevare la propria condizione di donne e uomini sulla materialità dell'esistente: “Liberarsi era una cosa” - già di per se complessa - “ rivendicare la proprietà di quell’io liberato un’altra”. Così scriveva Tony Morrison in un passaggio di Beloved, forse il suo libro più famoso. Ed è in definitiva una storia di liberazione, individuale e collettiva, quella che si è provato a raccontare.

La serie di podcast e il documentario, realizzati con la collaborazione con Spazio Gerra, sono disponibili per l’ascolto e la visione sul sito di Spazio Gerra e su quello della Cgil Reggio Emilia.