Ancora non era nata la Repubblica Italiana quando venne istituito il 25 aprile come Festa nazionale della Liberazione. Festa di tutti i cittadini e le cittadine. Che 25 aprile è quello di quest’anno?

IL 25 Aprile nasce per decreto luogotenenziale il 22 aprile del 1946 controfirmato dal presidente del consiglio Alcide De Gasperi. Quel decreto, ricordare quella nascita, parla a tutti quelli che sostengono che il 25 Aprile sia una festa di parte,  basti pensare che a proporre e a firmare per questa Festa non fu un pericoloso sovversivo, ma appunto il presidente del consiglio di tutti e tutte. Oggi è 25 Aprile di rinascita. Uso questa parola, sebbene abusata, ma c’è una ragione. Noi nasciamo come Italia unita esattamente 170 anni, era il 1861, poi rinasciamo il 25 aprile del 1945 dopo la catastrofe della guerra di aggressione scatenata dal nazi fascismo. Ancora oggi ci troviamo in una situazione di rinascita in cui dobbiamo superare due grandi ostacoli, quello della pandemia e quello della crisi sociale senza precedenti.

Per i manifesti di quest’ anno avete scelto il volto di un bambino e lo slogan “Spuntò l’alba”. Ce ne pieghi il senso?

Penso che questo manifesto sia molto bello, l’autore è Lucamaleonte, bravissimo illustratore e artista, il bimbo che rappresenta l’idea – appunto – della rinascita, è suo figlio. Lo slogan spuntò l’alba è presa da una poesia di un poeta partigiano scomparso tre anni fa, Giuseppe Colzani. La poesia si intitola Avevo due paure:

Avevo due paure
La prima era quella di uccidere
La seconda era quella di morire
Avevo diciassette anni
Poi venne la notte del silenzio
In quel buio si scambiarono le vite
Incollati alle barricate alcuni di noi
Vivevano l’attesa
Poi spuntò l’alba
Ed era il 25 Aprile

Torniamo all’idea della rinascita, così allora così oggi spuntò l’alba. Anche se oggi, più correttamente dovremmo dire: spunterà l’alba.

L’Anpi ha appena “edificato” un monumento alla memoria. Dal 19 aprile è on line un sito www.noipartigiani.it composto dalle testimonianze, raccolte da Gad Lerner e Laura Gnocchi, di oltre 500 partigiani e partigiane italiani. Qual è il senso di questo vero e proprio memoriale?

Viviamo un momento di passaggio generazionale, i partigiani e le partigiane sono i portatori della memoria di una esperienza unica nella storia di Italia. Cosa è la memoria? Come oggetto ha qualcosa di passato, ma come soggetto ha qualcuno che è presente, io oggi qui e ora ho memoria. Questi partigiani sono tra gli ultimi viventi, per motivi ovvi della inesorabile legge del tempo, sono presenti. Hanno fatto un dono a tutti noi, attraverso quelle interviste ci hanno regalato la memoria del passato che ha segnato la storia patria. Il senso di questa operazione è di trasmettere al nostro Paese una memoria diretta che nel giro di pochi anni non potrà più essere portata da uomini e donne in vita. È proprio un monumento, un ricordo perenne organizzato attorno ad una istituzione materiale, se è di pietra è una statua se è nel web è virtuale.

Nemmeno era online e già ha subito un “violento” e uso consapevolmente questo termine, attacco hacker. Perché, cosa significa?

È semplice: i partigiani facevano paura ai fascisti. I partigiani fanno paura ai fascisti.

Nelle accresciute diseguaglianze della crisi sociale acuita dalla crisi pandemica si infiltrano fenomeni di rigurgito fascista, in parte cavalcati dalla destra politica, come isolarli e arginarli?

Andando incontro ai bisogni dei ceti sociali più colpiti. È sotto gli occhi di tutti che c’è un ceto sociale – anche se questo termine ormai sembra diventato astratto e generico – particolarmente colpito, un numero rilevantissimo di piccoli e piccolissimi lavoratori autonomi, dagli artigiani ai commercianti, da quelli dello spettacolo ai gestori di agriturismi o locande solo per fare degli esempi. Per moltissime di queste persone, al momento, non c’è prospettiva di lavoro. Io penso che il modo migliore per sventare la violenza attraverso cui i fascisti strumentalizzano le manifestazioni di queste persone sia quella di soddisfare i bisogni fondamentali di questi uomini e donne. Questo presuppone due elementi. Il primo, un governo che sia all’altezza di questa difficilissima domanda che rinvia a una profonda questione sociale che si è aperta nel nostro Paese. La seconda, dar vita a una grande alleanza sociale tra ceti medi, ceti medio bassi, lavoratori e persone povere e poverissime.

Ci spieghi il legame tra l’Anpi e il lavoro?

In una parola, la Costituzione. In particolare un articolo, il n.1 quello che definisce che “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Nello Statuto dell’Anpi, vi è scritto in maniera esplicita che fra gli scopi dell’Associazione vi è quello di difendere e attuare la Costituzione. Questa è la ragione formale e statutaria, ve ne è poi un’altra determinata storicamente. La Costituzione, come è noto e come scriveva Calamandrei, è nata sulle montagne dove i partigiani e le partigiane hanno lasciato il loro sangue. La Carta nasce grazie all’insieme di valori storicamente determinati portati dalla Resistenza italiana. Fra questi c’è sicuramente quello della giustizia sociale, tema strettamente legato a quello del lavoro.

L’Anpi è un’associazione di uomini e di donne che hanno scelto e continuano a scegliere per cosa parteggiare, da quale parte stare. Qual è il vostro impegno oggi, nell’Italia del 2021?

È vero, noi siamo di parte. Siamo dalla parte della Costituzione, dalla parte della Repubblica. Tempo fa qualcuno mi chiese se l’antifascismo non fosse superato storicamente. Risposi che non può essere superato perché fino a quando ci sarà la Repubblica democratica fondata sull’antifascismo, come è l’Italia, l’antifascismo sarà tema di grande attualità. Antifascismo non vuol dire, solo, contrapporsi a un pensiero e a una pratica violenta, nazionalista e bellicosa. Vuol dire anche avere una visione del mondo positiva, propositiva, che pone al centro la persona. Una visione di nuovo umanesimo che, registro con grande piacere, non è soltanto un punto di vista dell’Anpi, ma è il punto di vista largamente dominante nel mondo del volontariato, ed è un punto di visto affermato con grande autorevolezza e impegno da papa Bergoglio. Ciascuno, naturalmente, nell’ambito della sua concezione del mondo – laica o credente – ma è un fatto molto positivo che ci sia una convergenza sui valori fondamentali come la persona, il lavoro e la socialità da parte del mondo cattolico e tanta parte del mondo laico dentro cui si colloca l’Anpi.