Uno dopo l'altro, uniti da uno scopo di solidarietà. L'unica distanza, quella di sicurezza rispetto al rischio contagio. Ma nel cuore era come se si tenessero per mano. Così tanti cittadini di Padova, questa mattina, hanno creato una fila umana da Palazzo Moroni a Piazza Garibaldi per dire no ai respingimenti nella rotta balcanica e per dire che tutte le vite valgono. Era da tempo, complici le restrizioni sanitarie, che sul Liston, la passeggiata del centro, non si vedeva tanta gente.

Come spiega Palma Sergio, segreteria confederale della Cgil provinciale (nel video qui sotto a cura di Luigi Perissinotto), “un’altra iniziativa nata con lo scopo di tenere viva l'attenzione su quanto sta avvenendo nei balcani, a pochi chilometri da noi. Restiamo umani, non voltiamoci dall'altra parte”.

 

 

All'iniziativa, questa mattina in centro città, la Cgil di Padova, Assopace, Donne in Nero e le associazioni e i cittadini che nei giorni scorsi hanno partecipato alla “staffetta del digiuno” lanciata, ancora lo scorso 17 gennaio, dalla Rete Dasi (Rete per i Diritti, l'Accoglienza e la solidarietà internazionali del Friuli Venezia Giulia) per rompere il silenzio sulla situazione dei migranti lungo la rotta balcanica: fame, freddo, respingimenti a catena, spesso violenti, a volte crudeli, ai confini di Croazia, Slovenia, Italia (questi ultimi ora momentaneamente sospesi).

“Come Cgil – ha detto Palma Sergio – e come appartenenti alla società civile sentiamo che abbiamo il dovere di volgere uno sguardo attento a questo tipo di problematiche perché riteniamo sia poco saggio far finta che non ci riguardino. Non possiamo cadere nella facile tentazione di chiuderci a riccio e occuparci solo dei problemi di casa nostra, anche perché quello che accade tutti i giorni lungo la Rotta Balcanica (come in altre tragedie simili) appartiene ad un'unica realtà che lega tutti. La verità è che quelle migliaia di disperati ci chiamano in causa, ci inchiodano alle nostre responsabilità come europei e italiani, cioè cittadini di un paese che vende quelle armi che tanto hanno contribuito alla loro tragedia. Questo stato di cose non è accettabile e non possiamo girare lo sguardo altrove. Stare dalla loro parte significa stare dalla parte di una società più giusta dove solidarietà, rispetto dei diritti umani, rifiuto della guerra, contrasto alle disuguaglianze economiche e sociali sono valori fondanti e non parole vuote prive di un significato concreto”.