"Ad esser positivi al Covid nel carcere di Reggio Emilia sono centoquindici detenuti - su quattrocento totali - e venticinque guardie penitenziarie, su un organico effettivo - e sottodimensionato di cento unità - di circa centoquaranta addetti. Si tratta di una situazione che vede lavoratrici e lavoratori operare a ranghi ridottissimi in un contesto ambientale difficile, con una tensione crescente, che rischia di mettere a rischio la stessa incolumità di chi quotidianamente opera a contatto coi detenuti - dichiarano Cgil-Cisl-Uil di Reggio Emilia in una nota unitaria -. Abbiamo sollecitato e incontrato tutte le istituzioni, muovendoci sia sul piano locale sia regionale, chiedendo di potenziare gli organici e di procedere rapidamente a screening, sanificazione dei locali  e vaccinazioni come sta accadendo in altri istituti penitenziari del paese.”

“Una situazione così grave e straordinaria richiede interventi straordinari, esplorando nuove possibilità quali il coinvolgimento della Protezione civile e la predisposizione di una task force di medici e infermieri, utile a circoscrivere e limitare ulteriori focolai. La condizione delle  nostre  carceri risente di criticità croniche, quali il sovraffollamento, la carenza di personale, l’inadeguatezza degli spazi e dell’igiene, cui ora si aggiunge il Covid: il rischio di tensioni sociali e disordini è ormai dietro l’angolo. Non è un problema che si può confinare a via Settembrini, a chi vi è detenuto, a chi vi lavora e a chi  interagisce ogni giorno con questa realtà. Dal tasso di dignità che si garantisce agli istituti di detenzione si misura il civismo di una intera comunità. Il rispetto dei diritti umani non può più attendere", concludono i confederali provinciali.