“L’insurrezione vittoriosa di tutto il popolo dell’Italia del Nord, il 25 aprile 1945 - affermava Giuseppe Di Vittorio in occasione del primo anniversario della Liberazione - realizzò la premessa essenziale della rinascita e del rinnovamento democratico e progressivo dell’Italia, come della sua piena indipendenza nazionale. È per noi motivo di grande soddisfazione ricordare che a questo movimento di riscossa nazionale, il contributo più forte e decisivo fu portato dai lavoratori italiani. Furono gli operai, i contadini, gli impiegati ed i tecnici che costituirono la massa ed il cervello delle gloriose formazioni partigiane e di tutti i focolai di resistenza attiva all’invasore tedesco. Chi può dire se la clamorosa vittoria del 25 aprile sarebbe stata possibile, senza gli scioperi generali grandiosi che, dal marzo 1943, si susseguirono, a breve distanza, sino al 1945? Quegli scioperi, che contribuirono fortemente a paralizzare l’efficienza bellica del nemico ed a sviluppare la resistenza armata, costituiscono un esempio unico e glorioso di lotta decisa dalla classe operaia sotto il terrore fascista, sotto l’occupazione nazista ed in piena guerra. È un esempio che additava il proletariato italiano all’ammirazione del mondo civile!”.

Tra il 5 e il 17 marzo 1943, le fabbriche torinesi sono bloccate da una protesta che coinvolge 100.000 operai. Dietro alle rivendicazioni economiche, le agitazioni hanno un chiaro intento politico e cioè la fine della guerra e il crollo del fascismo. Un’ondata che da Torino si estende alle principali fabbriche del Nord Italia.

Il 5 marzo 1943 gli operai della Fiat Mirafiori di Torino fermano le macchine. Rivendicano il pagamento per tutti dell’indennità di sfollamento (192 ore di straordinario) e quella per il caro-vita, ma invocano anche la fine della guerra al grido “Vogliamo vivere in pace”. È la miccia che darà fuoco alla grande ribellione operaia in tutte le fabbriche del Nord, passata alla storia come “il primo atto di resistenza di massa di un popolo assoggettato a un regime fascista autoctono” nella definizione che degli scioperi del marzo del ’43 darà lo storico inglese Tim Mason. 

In pochi giorni, dopo il via dato da Torino, nel triangolo industriale trecentomila operai cominciano la lotta e questa assume un significato politico enorme e immediato, anche se, fabbrica per fabbrica, vengono avanzate dagli operai solo delle rivendicazioni salariali precise e limitate. Con gli scioperi del marzo 1943, succede qualcosa di nuovo in Italia.

È la resurrezione come massa della classe operaia dopo più di venti anni di oppressione, una rinascita che pone le basi di quella nuova unità delle grandi correnti sindacali storiche poi sancita dal Patto di Roma dell’anno successivo. Quelle agitazioni, quelle giornate importanti che tanto cambieranno - in futuro - la storia del nostro paese, non saranno purtroppo scevre da conseguenze.

A Torino le abitazioni degli scioperanti saranno violate di notte da gruppi di agenti dell’Ovra che, oltre ad intimidire le mogli, malmenavano e arrestavano quelli che, durante la giornata, si erano dimostrati più combattivi. Il primo bilancio degli arresti poté farsi soltanto il 12 marzo: risultarono fermati 164 operai dei quali 117 internati nelle carceri di Torino e 47 in quelle della provincia. Nei giorni seguenti le repressioni aumentarono, ma ai primi di aprile il regime è costretto a cedere: a nulla erano valsi arresti, minacce, violenze, intimidazioni, licenziamenti, manovre disgregatrici.

Gli scioperi del marzo del ’43 ratificarono di fatto non soltanto la vittoria dei lavoratori sul terreno salariale. Essi segnarono qualche cosa di più: la prima, grande vera sconfitta del fascismo nei suoi elementi ritenuti i più vitali, quali il mito della capillare organizzazione del Partito, la sua forza repressiva e poliziesca, il tanto decantato consenso totale dei lavoratori e del popolo italiano al regime. La Resistenza la iniziano gli operai. E loro la concludono, occupando le fabbriche due anni dopo alla vigilia del 25 aprile 1945. Scioperando, nuovamente nel marzo del 1944.