"La decisione assunta da Leonardo di spacchettare il settore aeronautico in Velivoli e aerostrutture, di fatto civile e militare, sta avendo un risvolto drammatico per i siti campani. La crisi pandemica, e la conseguente diminuzione del traffico aereo - è ormai evidente a tutti - sta provocando forti ripercussioni sul polo dell’aeronautica civile in Campania, polo che negli ultimi dieci anni è stato fortemente ridimensionato da una ben studiata strategia politica che ha portato alla chiusura di siti strategici, come quelli di Casoria e Capodichino, facendo migrare progressivamente lavorazioni con alta capacità produttiva e con un forte margine di profitto verso i siti del nord, con un conseguente non solo ridimensionamento del perimetro industriale di Leonardo sul territorio campano, ma facendo sì che si crei anche un confine territoriale e produttivo nello schema militare - civile". E' quanto si legge in una nota diffusa dalla segreteria provinciale Fiom Cgil Napoli e dalla Rsu Fiom degli stabilimenti Leonardo di Pomigliano e Nola.

"Ad oggi - precisa il sindacato -, i principali stabilimenti campani di Leonardo aerostrutture, Pomigliano e Nola, sono in forte sofferenza, in quanto Boeing, uno tra i principali committenti, ha annunciato un calo della produzione pari al 60%, a questo si somma il notevole calo di commesse Atr, che in questo momento viene sopperito con la produzione delle cosiddette 'code bianche'. Si registra, inoltre, un calo sui programmi Airbus, anche se in maniera più ridotta. Prima degli eventi pandemici, sono stati stanziati notevoli investimenti governativi (industria 4.0 - università del composito) per cercare di elevare il livello tecnologico e rendere più competitivo il settore civile, investimenti che però ad oggi sono vani in quanto mancano commesse lavorative. A tale scenario drammatico, si aggiunge la preoccupazione di un ulteriore sfibramento del tessuto produttivo campano, dovuto al processo fisiologico di internalizzazione che sta attuando la divisione per sopperire ai cali di lavoro. I primi che stanno pagando la crisi sono i lavoratori dell’indotto, che come numero di posti di lavoro sono il doppio di quelli di Leonardo e che dopo il 31 marzo, senza la proroga dei licenziamenti e della cassa integrazione, rischiano il massacro sociale".

"Crediamo fortemente - aggiunge l'organizzazione dei metalmeccanici Cgil - che non è più tempo di gestire solo l’emergenza, ma di avere al più presto una visione prospettica e di rilancio della divisione, cosa che questa azienda ci sembra al momento non avere. Riiteniamo che le azioni da intraprendere subito siano quelle di riequilibrare i carichi di lavoro di Leonardo, permettendo agli stabilimenti campani (che hanno le strutture e il Know how) di recepire lavoro di programmi militari, ove possibile, in modo da garantire nel medio termine la tenuta della divisione". Secondo la Fiom e la Rsu bisogna "aprire un tavolo di discussione al Mise, che riguardi il futuro di questi stabilimenti di Leonardo e degli stabilimenti meridionali e metta in piedi un progetto che utilizzi i finanziamenti provenienti dal Recovery Fund. Bisogna porsi l’obiettivo di un nuovo velivolo proprietario che guardi al superamento dell’attuale Atr, in grado di impiegare forza lavoro e rilanciare il settore civile. Auspichiamo, quindi, che Leonardo in una fase così grave per questi territori, mantenga una responsabilità sociale e non lasci nel baratro migliaia di posti di lavoro".