In Veneto la situazione è dura. Le previsioni, incrociando i dati attuali e proiettandoli in uno scenario in cui dovesse cadere il blocco dei licenziamenti, parlano di 40, forse persino 50mila posti di lavoro a rischio. Una valanga di disoccupati che nell’intero Nordest toccherebbe quota 62mila. 93mila persone coinvolte considerando anche il ricorso al Fondo d’Integrazione Salariale.

Cosa servirebbe per evitare questo disastro? A risponderci è Christian Ferrari, segretario generale della Cgil Veneto. “Come prima cosa, prorogare ulteriormente il blocco dei licenziamenti. Una misura che sarebbe fondamentale per gestire, parallelamente, la situazione di emergenza sanitaria acuta con le misure di protezione del lavoro. È chiaro che prima o poi questa misura verrà meno, quindi occorre prepararsi alla prospettiva. Gli strumenti a disposizione sono il Pnrr, Piano nazionale di ripresa e resilienza, gli investimenti, la programmazione, un disegno complessivo che metta insieme il modello nazionale e regionale. Ma bisogna arrivarci vivi. Evitare di trovarsi ad affrontare l’emergenza a mani nude. Per questo – aggiunge Christian Ferrari – chiediamo un confronto sulla riforma degli ammortizzatori sociali e contemporaneamente richiamiamo la politica e le imprese alla responsabilità rispetto a quello che rischia di succedere non appena terminerà il blocco. In Veneto il pericolo dietro l’angolo è l’implosione di settori importanti e, più in generale, della coesione territoriale. Qui abbiamo i distretti che stanno pagando il prezzo più alto della pandemia. Proprio in questa settimana abbiamo incontrato la giunta regionale e abbiamo chiesto l’istituzione di un tavolo di sistema e anticipi la gestione delle trasformazioni che, prima o poi, presenteranno il conto”.

E alle imprese cosa chiedete? “No ai licenziamenti unilaterali e l’impegno a usare tutti gli strumenti a disposizione per scongiurare la perdita del lavoro, il più possibile. Questo è un punto di esigenza generale. Alla Regione Veneto che si faccia garante istituzionale di questo tavolo di gestione permanente. Onde evitare confusione e frammentazione nei soliti tavoli di crisi che ben poco possono fare, sia per salvare il lavoro, sia in termini di tenuta. Tutto questo è precondizione di politiche di rilancio, ma, ripeto, per programmare investimenti dobbiamo arrivarci vivi”.